Il primo messaggio di questo lungo racconto di Giovanni riguarda la calda umanità di Gesù.
A Betania, in quella famiglia, Gesù si trovava bene:”Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” Era un amore di predilezione, che è tipico di ogni vera amicizia. Ciò che l'amore non può permettersi è solo quella forma di predilezione che porta a ignorare gli altri, a non vedere le loro qualità
Trovo e condivido questa osservazione: «Non dobbiamo aver vergogna delle nostre predilezioni e delle nostre amicizie (...)
Un cuore non è mai una bilancia o un contatore. Nel cuore di Gesù, Lazzaro e le sue due sorelle pesavano di più» (A. Maillot).
Si tratta di una vicenda in cui si intrecciano situazioni e sentimenti che costituiscono il tessuto normale della nostra esistenza: l'amicizia e la separazione, lo sconforto e la speranza, la preghiera e le lacrime.
Gesù non nasconde i suoi sentimenti: si turba, freme, piange e poi, davanti al sepolcro, grida.
Il pianto in certi momenti è l'unico linguaggio che il cuore si può permettere.
Il nostro Salvatore - ci ripete oggi il vangelo - ha un cuore, ha delle lacrime; non sta al di là della nostra umanità, ma è pienamente partecipe, aderisce alla vita.
Dopo ciò che ho detto è inspiegabile per noi il fatto che Gesù, una volta informato della malattia dell'amico, lasci passare due giorni prima di muoversi.
Se Gesù fosse subito accorso, avrebbe guarito Lazzaro, l'avrebbe restituito alla condizione di prima. Ma Gesù non è colui che porta una semplice guarigione: è colui che porta la risurrezione, che è una vita nuova.
Essere guariti vuol dire ridiventare ciò che si era prima di essere malati. Risorgere vuol dire diventare non «come prima», ma «come dopo», non come eravamo, ma come saremo.
La tomba è la culla di una nuova nascita. La morte lascia il posto a una nuova vita.
La buona notizia portata a Betania da Gesù è dunque quella della risurrezione.
La cosa più grande in questo racconto, il vero miracolo, è la fede.
Il personaggio centrale - a parte Gesù - non è Lazzaro, bensì Marta, con la sua stupenda professione di fede: «Sì, Signore, io credo fermamente che tu sei il Messia, il Figlio di Dio, quello che doveva venire nel mondo». Non era facile credere in Gesù risurrezione e vita quando attorno a lui sí stava tramando per metterlo a morte. Non era possibile d'altra parte non credere vedendo quale forza di vita esprimeva con il suo amore.
Da questo punto di vista la vera risurrezione narrata da questo vangelo di Giovanni è la risurrezione di Marta: è lei che, per aver creduto, prende a vivere da risorta.
Evidenzio una tra le tante domande provocatorie inserite in questo brano: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?»
Gesù non voleva risolvere i nostri problemi moltiplicando i miracoli. E’ significativo che i miracoli narrati da Giovanni non siano chiamati miracoli, ma segni.
Con il miracolo compiuto a Betania voleva far capire che nel mondo, più forte della legge della morte, c'è la legge della risurrezione. In questo racconto ci pare di leggere la verità della nostra vita, soprattutto quando essa è costretta a misurarsi con la morte
Ci sono però nel vangelo altri messaggi che sono più difficili da capire perché rivelano non solo i tratti umani di Gesù, ma qualcosa di più segreto: il suo misterioso rapporto con la vita che è nascosta in Dio.
E’ significativo che Gesù non dica solo: «Io sono la risurrezione», ma: «Io sono la risurrezione e la vita».
Non dice «lo dispongo della risurrezione», ma usa quell'espressione «lo sono», che nella Bibbia è propria del rivelarsi di Dio. Risurrezione è vita nella vita stessa di Dio.
Si comprendono meglio anche le parole che Gesù pronuncia presso la tomba di Lazzaro quando, riferendosi alla folla dei presenti, confida al Padre un desiderio: «perché credano che tu mi hai mandato».
E continua: «Grazie, Padre, per avermi ascoltato ». Il testo non dice che Gesù preghi e, di fatto, il verbo «pregare» in Gv non appare mai. Gesù non esprime nemmeno una petizione. Rende grazie al Padre, che gli ha dato tutto (3,35). Per questo non ha bisogno di chiedere. È la seconda volta che Gesù pronuncia un'azione di grazie. La prima volta (6,11) ne furono oggetto i beni creati, l'alimento già esistente; rese grazie per il pane, dono di Dio a tutti, che egli stava per spartire rendendosi mediatore del dono. Ma il pane esprimeva e conteneva il dono che Gesù fa di se stesso, come pane che comunica la vita definitiva (6,51). Ora rende grazie per questa vita comunicata.
Se c'è un miracolo che dobbiamo incessantemente invocare è quello dí poter credere.
Dovremmo dire al Signore: «Signore, fa' che possa credere alla bellezza delle tue lacrime, nella verità delle tue parole, alla forza del tuo amore. Le tue lacrime sono un segno che anche Dio soffre dentro ogni nostra sofferenza. Le tue parole trovano una risonanza profonda nel nostro bisogno di vita e di libertà. Ma è soprattutto il tuo amore che ci porta a riconoscere la verità delle tue parole: per far risorgere un amico sei andato incontro alla morte, e attraverso questa morte accettata per amore hai preparato la tua e la nostra risurrezione».
Memento mori: «ricordati che devi morire», ha ripetuto per secoli la tradizione cristiana, dimenticando che questa parola è più pagana che cristiana.
La parola cristiana è un'altra: «Ricordati che devi risuscitare». Ricordati che puoi risuscitare già ora e che puoi diventare un operatore di risurrezione combattendo la morte in te e negli altri, smascherando tutte le complicitá con la morte, aiutando tanti fratelli a uscire dai loro sepolcri, uniti tutti a Cristo che ha vinto e vincerà la morte.
(appunti presi da diversi esegeti)
VANGELO SEC. GIOVANNI 11,1-45
In quel tempo, era malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand’ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s’è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».
Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l’avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dài ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Bibbia CEI 2008
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