"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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lunedì 28 novembre 2011

Gratitudine agli amici del mio blog

Da lunedì 21 novembre a domenica 27 novembre  il  blog è stato visitato da 1334 persone e sono state visionati 2520 post. 
Statistiche di Enrica
Statistiche ultimi 7 giorni Signora G
GiornoUniciPagine viste
Lunedi'21-11-2011164303
Martedi'22-11-2011174325
Mercoledi'23-11-2011180334
Giovedi'24-11-2011216468
Venerdi'25-11-2011201389
Sabato26-11-2011191362
Domenica27-11-2011208339
Totale1.3342.520
Se avessi pensato tempo fa che mi sarei circondata nella mia vita di amicizie virtuali, mi sarei fatta una grossa risata....Non perché sia cinica su queste cose, ma solo perché dal di fuori molte cose non si possono capire. Una volta che ci sei dentro è tutto diverso. Gli amici virtuali ci sono: alcuni sono più pigri, altri più presenti, ma a volte con semplici parole, riescono ad arrivare diritti al tuo cuore.
"Se, vogliamo dirla tutta l'amicizia è virtuale finché ognuno di noi, liberamente, vuole mantenerla così...ma è chiaro che è molto reale in quanto io sono reale e voi pure".
GRAZIE!

Preghiera e riflessione per la Quarta Domenica di Avvento B – Vangelo sec. Marco 11, 1-11 (rito ambrosiano)



Per chi legge il testo di Marco (11, 1-11) c’è una frase su cui conviene meditare. “Il Signore ne ha bisogno”.
Noi siamo abituati a pensare al Signore come a colui che non può aver bisogno, e invece è un Dio che si espone alla nostra condiscendenza, si abbassa fino al punto di chiedere.
Credo che possiamo essere tutti d'accordo sulla verità di questa frase di Dorothee Sólle:
«Il bisogno più fondamentale che noi conosciamo è che qualcuno abbia bisogno di noi».
Si potrebbe aggiungere: «Il bisogno fondamentale è che Dio voglia avere bisogno di noi».
E Dio ci fa questo dono. Ci dice: «Sì, ho bisogno di te: puoi aiutarmi?»
E’ il mistero della povertà di Dio. E al tempo stesso è il mistero della nostra grandezza.
Che cosa ci porta ancora Gesù?
Una nota di ironia, di finissima ironia, come un riflesso del riso di Dio.
Gli uomini, per esempio, amano le esibizioni del potere
Gesù invece, che pure viene salutato re, si presenta sul dorso di un modesto, risibile asinello come volesse dirci: «Prendetevi gioco anche voi di tutte le sceneggiate del potere. Conservate sempre dentro di voi uno spirito libero, che sia come un segno della vostra superiorità su tutto ciò che pretende di umiliarvi».
E poi - anche questo va visto come un dono - c'è il silenzio di Gesù.
Gesù non dice una parola. Non lancia alcun proclama. Quello che doveva dire, già era stato detto.
Ora è giunto il momento della donazione totale.
E l'amore non si affida più alle parole, ma al semplice gesto di offrirsi, di mettersi nelle mani degli uomini, di avviarsi verso la croce.
Un amore nelle sue espressioni più alte non ha bisogno di parole. E’ esso stesso la parola più alta che mai possa essere pronunciata.
Ecco dove sta la salvezza che il Signore ci porta.
Siamo salvati quando abbiamo la percezione non certo fisica e sensibile, ma comunque forte come è forte l'esperienza della fede, che Dio si avvicina a ciascuno di noi non dall'alto, ma dal basso, prendendoci così come siamo, valorizzando quel poco che abbiamo.
Siamo salvati quando ci sentiamo amati, liberi perciò da ogni paura e liberi per amare, con la certezza che l'amore, quanto più è debole e disarmato come quello di Gesù, tanto più è una forza grande, un germe di vita indistruttibile, un principio di risurrezione.
Siamo salvati quando riusciamo a convertire il futuro in avvento.
Il futuro è il tempo che ci viene incontro con il suo carico di incognite e di minacce condannandoci perciò alla paura.
Un avvento è il futuro che ci viene incontro come tempo abitato da una presenza che salva, una presenza umile e pacificante che si fa avvicinare e toccare.
Allora l'invocazione « Osanna! », «Salvaci!» diventa un canto di lode: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»
Benedetto Gesù che viene a rivelarci il vero volto di Dio la cui onnipotenza è quella dell'amore, e a ricordarci che, se la vita ha un senso, questo non si può trovare se non nell'amore.
(diversi esegeti)
 

 Signore Gesù,
infaticabile camminatore sulle strade degli uomini,
tu vieni sempre in mezzo a noi
a rivelarci la voce e il volto del nostro Dio.
Silenziosamente entri nella nostra vita,
ti offri alla curiosità del nostro sguardo,
ti esponi alla nostra accoglienza o al nostro rifiuto.
Signore Gesù, fa' che la tua presenza
non ci lasci mai indifferenti,
ma sia piuttosto un'avventura appassionante
da vivere con tutto lo stupore e con tutta l'emozione
che nascono da una parola sempre nuova
e da un amore che non conosce misura.
Strappaci perciò alle nostre inerzie abituali
e fa' sgorgare dal nostro cuore un grido
che celebri l'esperienza gioiosa di questo incontro.
Ma salvaci al tempo stesso dalla retorica dei devoti
che credono di poterti onorare
con il loro vaniloquio sentimentale.
I veri servitori del tuo regno
sono i santi umili, nascosti, concreti
che ti onorano riconoscendo la tua presenza
nel volto di ogni persona che ha bisogno.
Dona anche a noi l'intelligenza del cuore
perché possiamo salutare
ogni fratello che avviciniamo
con le parole che troviamo oggi nel tuo vangelo
e con il dono di un sorriso:
“Benedetto sei tu, che vieni nel nome del Signore".
Amen. 
( Pozzoli)

 

LETTURA DEL VANGELO SEC. MARCO 11,1-11
In quel tempo.  Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! / Osanna nel più alto dei cieli! ».
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
Bibbia CEI 2008

sabato 26 novembre 2011

Preghiera per la Terza Domenica di Avvento B - Vangelo sec. Giovanni 5,33-39 (rito ambrosiano)



 IN ASCOLTO DELLA PAROLA
Vieni a parlarci. Signore.
Vieni a pronunciare le parole
che nessun altro dice,
quelle che vengono direttamente
dalla tua eternità,
quelle che possono cambiare
tutta la nostra esistenza.
Vieni a parlarci Gesù,
come hai parlato un tempo ai discepoli
quando svelavi loro il senso più segreto
dei disegni del Padre e del loro destino.
Vieni a parlarci da Maestro,
a tracciare la nostra strada 
con la tua autorità,

a illuminare il nostro spirito 
con la tua voce infallibile

ed a farci accedere alle tue beatitudini.
Vieni a parlarci al cuore,
a ripeterci sottovoce l'immenso amore divino
che hai rivelato nel tuo Vangelo
e che spiega tutto della tua predicazione.
Vieni a parlarci tu stesso,
donandoci la tua presenza 
oltre la tua parola,

perché abbiamo bisogno
di sentirti personalmente

per cogliere il tuo messaggio 
e per aderirvi. 
Amen


LETTURA DEL VANGELO SEC. GIOVANNI 5,33-39
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me».
Bibbia CEI 2008

giovedì 24 novembre 2011

martedì 22 novembre 2011

Buon Compleanno Giuliana

Oggi è il compleanno di Giuliana. Noi l'abbiamo festeggiato domenica.
Oggi lo festeggerà con la "sua" nuova famiglia in comunità e noi con il cuore saremo là.
Desiderariamo stringerla, baciarla, coccolarla...oggi in particolare con tutto l'amore che c'è in noi.
Vorremmo essere invisibili e guardare Giuliana (anche da lontano) per vedere se è tranquilla.
Chiedo a tutti voi cari amici un dono prezioso: una preghiera per lei, per i suoi compagni e per le sue Baby. In unione d'affetto. Enrica con Giulio.


Possano i tuoi occhi 
non vedere mai l'uomo nero,
figlia nostra.
Possano le tue labbra 
parlare solo d'amore.
Possano le tue mani 
stringere sempre altre mani
e le tue narici 
respirare il profumo della felicità.
Possano le tue gambe 
portarti lontano,
anche via da noi, 
se questo ti dirà il cuore.
Possa la tua anima 
essere così grande e tenace
da continuare ad andare avanti 
quando sarai stanca.
Possano le tue spalle 
essere tanto robuste
da sopportare il peso delle emozioni
E il tuo corpo tanto fragile
da abbandonarti ad esse senza rimpianti.
Possa la tua memoria 
non soffermarsi mai
su ciò che poteva essere e non è stato
o su quello che doveva essere detto
ed è stato taciuto.
Possa tu sentire sempre il bisogno
di un nostro abbraccio,
anche quando avremo il corpo stanco…
Auguri, amore nostro.
(Ciminari)

martedì 15 novembre 2011

L'ottava meraviglia del mondo


Il Mausoleo dell'imperatore Qin Shi Huangdi, situato a Lintong nello Shaanxi, a 40 km a est di Xi'an, l'antica Chang'an che e' stata capitale imperiale di molte dinastie fino al 907 d.C., nella Cina occidentale, è una delle tombe imperiali più grandi come dimensione, più straordinarie come struttura e più ricche di contenuto del mondo. La fossa dell'Esercito dei guerrieri di terracotta, come una delle fosse secondarie della tomba dell'imperatore Qin Shi Huangdi, e' famosa come le Piramidi d'Egitto ed è anche chiamata l'ottava meraviglia del mondo.
Questa meraviglia è venuta alla luce per caso; nel 1974 alcuni contadini locali della comune agricola di Yanzhai che stavano scavando un pozzo trovarono dei frammenti di terracotta, tuttavia non vi prestarono alcuna attenzione, preparandosi a distruggerli. Per fortuna un addetto alla tutela dei cimeli culturali si trovava sul posto, e dopo avere visto i pezzi si accorse che questa era una grande scoperta, riferendo subito la situazione ai funzionari dell'Assessorato ai beni culturali del distretto. In questo modo è emerso l'Esercito dei guerrieri di terracotta, che ha stupito il mondo intero.
Secondo i contenuti di queste fosse e le registrazioni interessate dei testi storici cinesi, il Mausoleo dell'imperatore Qin Shi Huangdi costituirebbe una riproduzione della dinastia Qin. Dopo la sua morte, Qin Shi Huangdi poteva così continuare a governare. Tuttavia, incredibilmente; solo tre anni dopo la sua morte, la dinastia Qin fu rovesciata da una rivolta di contadini. Tuttavia questo mausoleo, dalle dimensioni maggiori ed il più ricco di tesori fra le tombe imperiali cinesi, è sopravvissuto per oltre 2000 anni, diventando una testimonianza della storia cinese. A causa del suo grande valore storico, nel 1987 il Mausoleo dell'imperatore Qin Shi Huangdi è stato inserito dall'Unesco nella lista del Patrimonio culturale mondiale.

Preghiera II Domenica di Avvento B 2011 (rito ambrosiano)

Signore Gesù,
dovremmo essere capaci, come Giovanni,
di creare una grande attesa
che sia già aperta alle dolci e forti vibrazioni
della Speranza, della Libertà e dell'Amore.
Ma quali vie dobbiamo percorrere
perché possiamo essere
messaggeri del tuo Vangelo
senza tradirne la perenne novità
e la forza che sommuove
ogni nostra pesantezza?
Signore Gesù, noi che ci diciamo credenti
abbiamo bisogno di diventare persone credibili.
Rendici perciò in ascolto di quelle parole essenziali
che tu ami comunicarci nei momenti di silenzio,
là dove la tua voce non è soffocata
dal nostro vano e intemperante parlare.
Rinnova in noi il battesimo dello Spirito
perché sia ancora più ardente il desiderio
di vivere in comunione con te
e di immergere nelle acque  della divina misericordia
tutti coloro che prendono la via del deserto
per risorgere con te ad una vita diversa
mediante l'azione creativa dello Spirito
che di ogni creatura è il soffio, il respiro, il ritmo,
il vento che si leva in segno di speranza,
lo spazio illimitato della più grande libertà. Amen.
(Pozzoli)
 
LETTURA DEL VANGELO SEC. MATTEO 3,1-12
In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzare i suoi sentieri!
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare i figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Bibbia CEI 2008

lunedì 14 novembre 2011

Chi è il saggio? (aneddoto africano)

 

C’era una volta nel villaggio di Ouidah sulla costa degli schiavi, paese della grande tradizione Vodoun,  a Dahomey un anziano di nome Léo Tossa molto rispettato e riverito  da tutta la popolazione di Ouidah e dintorni per come riesce a trovare soluzione ad ogni problema e  a dare consigli utili nei momenti opportuni, anche quando tutto sembra intrigato ed impossibile. Un giorno mentre passeggia nei pressi del tempio dei pitoni che si trova di fronte alla cattedrale cattolica di Ouidah lo ferma un giovane scolaro di nome Djibril Kodjovi. 
Il giovane  piuttosto umile e con i modi gentili si rivolge al vecchio Léo Tossa chiedendogli semplicemente: Perché si dice che uno è saggio in Africa?
Il vecchio saggio guarda con una certa tenerezza il giovane scolaro e con un dito puntato verso la pianta del Baobab della piazza dice: "Il saggio è un viaggiatore esistenziale. Uno cioè che ha attraversato ogni fase della vita, dall’infanzia a quella dell’età adulta vivendo dolori, fatiche, gioie e desideri e sogni. Ma ogni fase dell’esistenza che vive, la vive come se mangiasse una frutta,  dell’albero della vita". 
Léo Tossa per un attimo si ferma nel racconto per guardare di nuovo il grande albero del Baobab situato nella piazza. Poi riprende il discorso. 
"Dunque il saggio consuma la frutta dell’albero senza buttare via però il seme (il nocciolo), anzi se lo intasca. Lo fà durante l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e della responsabilità e l’età maggiore (quando è anziano). 
Arrivato ad una certa soglia della vita, il saggio apre la sua saccocia ed inzia a restituire a coloro che arrivano dopo di lui, i postumi ogni seme che ha potuto conservare durante il suo cammino esistenziale e lo fà senza nostalgia, senza invidia e senza risentimento".
La parola del vecchio si traduce in gesti della restituzione dell’essenziale, di quello che racchiude la prospettiva e il futuro.
Il seme dell’Albero della vita, del Baobab appunto.
Mentre Il saggio Léo Tossa racconta questa storia il giovane rimane avvolto da una grande commozione e non smette di prendere degli appunti su un quaderno ripetendo con insistenza “grazie, grazie saggio” e preparandosi poi a porre altre domande pertinenti al vecchio di Ouidah. 
Ma chi avrà avuto la fortuna di raccogliere il seme restituito dal vecchio saggio Léo Tossa ha un solo compito: Seminare perché germoglino e crescano nuovi alberi della vita, nuovi baobab.

http://www.slysajah.com/2011/09/baobab-lalbero-fratello-dellafrica/#more-1612

BAOBAB Chiamato dagli Africani "Albero Magico", "Albero Farmacista" e "Albero della Vita", il nome Baobab deriverebbe dal nome arabo “bu- hibab”, (il frutto dai molteplici semi).
Questo immenso e poderoso simbolo dell'Africa che sembra unire il cielo alla terra, fornisce agli uomini, nutrimento e rimedio a molti disturbi e malattie di vario genere.
Ancora sconosciuti al grande pubblico, i frutti e le foglie del Baobab sono stati ampiamente studiati e analizzati dai ricercatori di ogni parte del mondo ed esiste su questa pianta una vastissima letteratura medica tanto da essere definita "Una pianta per il futuro".

venerdì 11 novembre 2011

Parlaci dell'Insegnamento (Gibran Kahlil Gibran)


E un maestro domandò:
Parlaci dell'Insegnamento.
Ed egli disse:
Nessuno può insegnarvi nulla,
se non ciò che in dormiveglia
giace nell'alba della vostra conoscenza.
Il maestro
che cammina all'ombra del tempio,
tra i discepoli, non dà la sua scienza,
ma il suo amore e la sua fede.
E se egli è saggio
non vi invita
a entrare nella casa della sua scienza,
ma vi conduce
alla soglia della vostra mente.
L'astronomo
può dirvi
ciò che sa degli spazi,
ma non può darvi
la propria conoscenza.
Il musico
vi canterà la melodia
che è nell'aria,
ma non può darvi
il suono fissato nell'orecchio,
né l'eco nella voce.
E il matematico
potrà descrivervi regioni di pesi e di misure,
ma colà non vi potrà guidare.
Giacché la visione di un uomo
non impresta le sue ali a un altro uomo.
E come Dio vi conosce da soli,
così tra voi ognuno
deve essere solo a conoscere Dio,
e da solo comprenderà la terra.

Gibran Kahlil Gibran - Il Profeta (BIBLIOTECA DELLA FENICE-GUANDA)1986

martedì 8 novembre 2011

Preghiera per la Prima Domenica di Avvento B (rito ambrosiano)


Signore Gesù,
la nostra vita
è nelle tue mani:
i giorni felici e quelli amari,
le gioie e le prove,
quello che siamo
e quello che saremo.
I tempi che stiamo vivendo,
ci sembrano particolarmente
agitati e oscuri.
Ma tu, o Signore,
ci inviti a vivere
nell'attesa di un'alba nuova,
a coltivare la gioia
di una grande speranza.
Rendici perciò attenti a tutti i segni
che siano rivelatori della tua presenza.
Donaci la consolante certezza
che nella nostra vita c'è sempre
un Dio buono che veglia per noi,
un Dio premuroso che veglia più di noi.
Amen.
(Pozzoli)

Riflessione per la “Prima Domenica di Avvento B” - Vangelo sec. Mc 13,1-27 (rito ambrosiano)


LA VENUTA DEL SIGNORE
Il Vangelo ci ricorda la fine di tutto: perché tutto oggi abbia un senso e sia vissuto in modo costruttivo e responsabile.
L'annuncio di una fine ha un altro risvolto positivo.
E’ vero: si parla di fatti sconvolgenti.
Ma non tutti i fatti sconvolgenti sono da temere.
Se crolla un mondo ingiusto, perché si dovrebbe soffrire?
C'è un crollo, d'accordo, ma si tratta di un mondo che non merita di essere salvato.
Nel Vangelo si parla di astri e di stelle che cadono in frantumi.
Per i profeti, gli astri e le stelle erano il simbolo degli dei di Assiria e di Babilonia che il Signore aveva combattuto per far uscire il suo popolo dall'esilio.
Dire perciò che le potenze del cielo sono sconvolte è come dire che le forze del male vengono sconfitte.
Se anche oggi ci sono potenze del cielo che vengono sconvolte, perché angosciarsi?
Crolli pure il mondo dell'ingiustizia, crollino le centrali del potere economico che schiavizzano popolazioni intere, crolli tutto quello che si oppone alla nascita di un mondo nuovo, che dovrebbe prendere il nome ricordato da Geremia: «Signore-nostra-giustizia ».

Pur in mezzo allo scontro difficile, entro le tentazioni e i tormenti d'un mondo pagano organizzato da satana contro la salvezza dell'uomo, dobbiamo perseverare nella fedeltà e nell'attesa. Appunto a questo ci educa il tempo d'Avvento che oggi comincia. Anche perché non sappiamo il giorno in cui il Signore nostro verrà a porre fine alla nostra storia personale con la nostra morte. 'Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà sveglio! In verità vi dico lo costituirà su tutti i suoi beni!' (Mt 24,46).

In questa attesa vigile così la Chiesa ci fa pregare con piena fiducia: "A te elevo il mio animo, Signore, confido in te, mio Dio. Che io non resti deluso! I miei nemici non mi scherniranno, non è confuso chi confida in te" (Ingresso).
(vari esegeti)

LETTURA DEL VANGELO SEC. MARCO 13,1-27
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!».
Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta».
Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?».
Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori. Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – che legge, comprenda -, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti; chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!
Pregate che ciò non accada d’inverno; perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, o là”, voi non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto. In quei giorni, dopo quella tribolazione, / il sole si oscurerà, / la luna non darà più la sua luce, / le stelle cadranno dal cielo / e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo».
Bibbia CEI 2008

martedì 1 novembre 2011

Un tributo al grande Totò:’A livella (traduzione in italiano)

La poesia è ambientata in un cimitero, dove un malcapitato rimane chiuso. Questi assiste incredulo al discorso tra due ombre: un marchese e un netturbino. Il marchese si lamenta del fatto che il netturbino si sia fatto seppellire accanto a lui, ma il netturbino gli fa notare che non è stato lui a scegliere dove esser seppellito; vedendo che il marchese continua con il suo lamento, il netturbino perde la pazienza e gli fa notare che, indipendentemente da ciò che si era in vita, col sopraggiungere della morte si diventa tutti uguali. La poesia è in dialetto napoletano.

 

 
LA LIVELLA (traduzione in italiano)

Ogni anno, il due novembre, c'è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno deve fare questa gentilezza;
ognuno deve avere questo pensiero.

Ogni anno, puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado, e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo di zia Vincenza.

Quest'anno m'è capitata un'avventura ...
dopo aver compiuto il triste omaggio
(Madonna!) se ci penso, che paura!
ma poi mi diedi anima e coraggio.

Il fatto è questo, statemi a sentire:
si avvicinava l'ora di chiusura:
io, piano piano, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

"Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l'11 maggio del '31".

Lo stemma con la corona sopra a tutto ...
...sotto una croce fatta di lampadine;
tre mazzi di rose con una lista di lutto:
candele, candelotte e sei lumini.

Proprio accanto alla tomba di questo signore
c’era un'altra tomba piccolina,
abbandonata, senza nemmeno un fiore;
per segno, solamente una piccola croce.

E sopra la croce appena si leggeva:
"Esposito Gennaro - netturbino":
guardandola, che pena mi faceva
questo morto senza neanche un lumino!

Questa è la vita! tra me  e  me pensavo...
chi ha avuto tanto e chi non ha niente!

Questo pover'uomo s'aspettava
che anche all’altro mondo era pezzente?

Mentre rimuginavo questo pensiero,
s'era già fatta quasi mezzanotte,
e rimasi chiuso prigioniero,
morto di paura... davanti alle candele.

Tutto a un tratto, che vedo da lontano?
Due ombre avvicinarsi dalla mia parte...
Pensai: questo fatto a me mi pare strano...
Sono sveglio...dormo, o è fantasia?

Altro che fantasia! Era il Marchese:
con la tuba, la caramella e il pastrano;
quell’altro dietro a lui un brutto arnese;
tutto fetente e con una scopa in mano.

E quello certamente è don Gennaro...
il morto poverello... il netturbino.
In questo fatto non ci vedo chiaro:
sono morti e si ritirano a quest’ora?

Potevano starmi quasi a un palmo,
quando il Marchese si fermò di botto,
si gira e piano piano... calmo calmo,
disse a don Gennaro: "Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va, sì, rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava, sì, inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari,tra la vostra gente".

"Signor Marchese, non è colpa mia,
io non vi avrei fatto questo torto;
mia moglie è stata a fare questa fesseria,
io che potevo fare se ero morto?

Se fossi vivo vi farei contento,
prenderei la cassa con dentro le quattr'ossa
e proprio adesso, in questo stesso istante
entrerei dentro a un'altra fossa".

"E cosa aspetti, oh turpe malcreato,
che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!"

"Fammi vedere! prendi 'sta violenza...
La verità, Marchese, mi sono stufato
di ascoltarti; e se perdo la pazienza,
mi dimentico che son morto e son mazzate!

Ma chi ti credi d'essere...un dio?
Qua dentro, vuoi capirlo che siamo uguali?...
...Morto sei tu , e morto son pure io;
ognuno come a un altro è tale e quale".

"Lurido porco!... Come ti permetti
paragonarti a me ch'ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?".

"Ma quale Natale, Pasqua e Epifania!!!
Te lo vuoi ficcare in testa... nel cervello
che sei ancora malato di fantasia?...
La morte sai cos’è?... è una livella.

Un re, un magistrato, un grand’uomo,
passando questo cancello, ha fatto il punto
che ha perso tutto, la vita e pure il nome:
non ti sei fatto ancora questo conto?

Perciò, stammi a sentire... non fare il restio,
sopportami vicino - che t'importa?
Queste pagliacciate le fanno solo i vivi:
noi siamo seri…apparteniamo alla morte!"

La livella è uno strumento usato generalmente da chi lavora nel campo dell'edilizia per "livellare" una superficie, cioè stabilirne l'orizzontalità. Totò, nella sua poesia 'A livella, la usa come metafora della morte, livellatrice di ogni tipo di disuguaglianza esistente tra i vivi.