C’era una volta nel villaggio di Ouidah sulla costa degli schiavi, paese della grande tradizione Vodoun, a Dahomey un anziano di nome Léo Tossa molto rispettato e riverito da tutta la popolazione di Ouidah e dintorni per come riesce a trovare soluzione ad ogni problema e a dare consigli utili nei momenti opportuni, anche quando tutto sembra intrigato ed impossibile. Un giorno mentre passeggia nei pressi del tempio dei pitoni che si trova di fronte alla cattedrale cattolica di Ouidah lo ferma un giovane scolaro di nome Djibril Kodjovi.
Il giovane piuttosto umile e con i modi gentili si rivolge al vecchio Léo Tossa chiedendogli semplicemente: Perché si dice che uno è saggio in Africa?
Il giovane piuttosto umile e con i modi gentili si rivolge al vecchio Léo Tossa chiedendogli semplicemente: Perché si dice che uno è saggio in Africa?
Il vecchio saggio guarda con una certa tenerezza il giovane scolaro e con un dito puntato verso la pianta del Baobab della piazza dice: "Il saggio è un viaggiatore esistenziale. Uno cioè che ha attraversato ogni fase della vita, dall’infanzia a quella dell’età adulta vivendo dolori, fatiche, gioie e desideri e sogni. Ma ogni fase dell’esistenza che vive, la vive come se mangiasse una frutta, dell’albero della vita".
Léo Tossa per un attimo si ferma nel racconto per guardare di nuovo il grande albero del Baobab situato nella piazza. Poi riprende il discorso.
"Dunque il saggio consuma la frutta dell’albero senza buttare via però il seme (il nocciolo), anzi se lo intasca. Lo fà durante l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e della responsabilità e l’età maggiore (quando è anziano).
Arrivato ad una certa soglia della vita, il saggio apre la sua saccocia ed inzia a restituire a coloro che arrivano dopo di lui, i postumi ogni seme che ha potuto conservare durante il suo cammino esistenziale e lo fà senza nostalgia, senza invidia e senza risentimento".
Léo Tossa per un attimo si ferma nel racconto per guardare di nuovo il grande albero del Baobab situato nella piazza. Poi riprende il discorso.
"Dunque il saggio consuma la frutta dell’albero senza buttare via però il seme (il nocciolo), anzi se lo intasca. Lo fà durante l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e della responsabilità e l’età maggiore (quando è anziano).
Arrivato ad una certa soglia della vita, il saggio apre la sua saccocia ed inzia a restituire a coloro che arrivano dopo di lui, i postumi ogni seme che ha potuto conservare durante il suo cammino esistenziale e lo fà senza nostalgia, senza invidia e senza risentimento".
La parola del vecchio si traduce in gesti della restituzione dell’essenziale, di quello che racchiude la prospettiva e il futuro.
Il seme dell’Albero della vita, del Baobab appunto.
Mentre Il saggio Léo Tossa racconta questa storia il giovane rimane avvolto da una grande commozione e non smette di prendere degli appunti su un quaderno ripetendo con insistenza “grazie, grazie saggio” e preparandosi poi a porre altre domande pertinenti al vecchio di Ouidah.
Ma chi avrà avuto la fortuna di raccogliere il seme restituito dal vecchio saggio Léo Tossa ha un solo compito: Seminare perché germoglino e crescano nuovi alberi della vita, nuovi baobab.
Ma chi avrà avuto la fortuna di raccogliere il seme restituito dal vecchio saggio Léo Tossa ha un solo compito: Seminare perché germoglino e crescano nuovi alberi della vita, nuovi baobab.
BAOBAB Chiamato dagli Africani "Albero Magico", "Albero Farmacista" e "Albero della Vita", il nome Baobab deriverebbe dal nome arabo “bu- hibab”, (il frutto dai molteplici semi).
Questo immenso e poderoso simbolo dell'Africa che sembra unire il cielo alla terra, fornisce agli uomini, nutrimento e rimedio a molti disturbi e malattie di vario genere.
Ancora sconosciuti al grande pubblico, i frutti e le foglie del Baobab sono stati ampiamente studiati e analizzati dai ricercatori di ogni parte del mondo ed esiste su questa pianta una vastissima letteratura medica tanto da essere definita "Una pianta per il futuro".
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