Per chi legge il testo di Marco (11, 1-11) c’è una frase su cui conviene meditare. “Il Signore ne ha bisogno”.
Noi siamo abituati a pensare al Signore come a colui che non può aver bisogno, e invece è un Dio che si espone alla nostra condiscendenza, si abbassa fino al punto di chiedere.
Credo che possiamo essere tutti d'accordo sulla verità di questa frase di Dorothee Sólle:
«Il bisogno più fondamentale che noi conosciamo è che qualcuno abbia bisogno di noi».
Si potrebbe aggiungere: «Il bisogno fondamentale è che Dio voglia avere bisogno di noi».
E Dio ci fa questo dono. Ci dice: «Sì, ho bisogno di te: puoi aiutarmi?»
E’ il mistero della povertà di Dio. E al tempo stesso è il mistero della nostra grandezza.
Che cosa ci porta ancora Gesù?
Una nota di ironia, di finissima ironia, come un riflesso del riso di Dio.
Gli uomini, per esempio, amano le esibizioni del potere
Gesù invece, che pure viene salutato re, si presenta sul dorso di un modesto, risibile asinello come volesse dirci: «Prendetevi gioco anche voi di tutte le sceneggiate del potere. Conservate sempre dentro di voi uno spirito libero, che sia come un segno della vostra superiorità su tutto ciò che pretende di umiliarvi».
E poi - anche questo va visto come un dono - c'è il silenzio di Gesù.
Gesù non dice una parola. Non lancia alcun proclama. Quello che doveva dire, già era stato detto.
Ora è giunto il momento della donazione totale.
E l'amore non si affida più alle parole, ma al semplice gesto di offrirsi, di mettersi nelle mani degli uomini, di avviarsi verso la croce.
Un amore nelle sue espressioni più alte non ha bisogno di parole. E’ esso stesso la parola più alta che mai possa essere pronunciata.
Ecco dove sta la salvezza che il Signore ci porta.
Siamo salvati quando abbiamo la percezione non certo fisica e sensibile, ma comunque forte come è forte l'esperienza della fede, che Dio si avvicina a ciascuno di noi non dall'alto, ma dal basso, prendendoci così come siamo, valorizzando quel poco che abbiamo.
Siamo salvati quando ci sentiamo amati, liberi perciò da ogni paura e liberi per amare, con la certezza che l'amore, quanto più è debole e disarmato come quello di Gesù, tanto più è una forza grande, un germe di vita indistruttibile, un principio di risurrezione.
Siamo salvati quando riusciamo a convertire il futuro in avvento.
Il futuro è il tempo che ci viene incontro con il suo carico di incognite e di minacce condannandoci perciò alla paura.
Un avvento è il futuro che ci viene incontro come tempo abitato da una presenza che salva, una presenza umile e pacificante che si fa avvicinare e toccare.
Allora l'invocazione « Osanna! », «Salvaci!» diventa un canto di lode: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»
Benedetto Gesù che viene a rivelarci il vero volto di Dio la cui onnipotenza è quella dell'amore, e a ricordarci che, se la vita ha un senso, questo non si può trovare se non nell'amore.
(diversi esegeti)
Signore Gesù,
infaticabile camminatore sulle strade degli uomini,
tu vieni sempre in mezzo a noi
a rivelarci la voce e il volto del nostro Dio.
Silenziosamente entri nella nostra vita,
ti offri alla curiosità del nostro sguardo,
ti esponi alla nostra accoglienza o al nostro rifiuto.
Signore Gesù, fa' che la tua presenza
non ci lasci mai indifferenti,
ma sia piuttosto un'avventura appassionante
da vivere con tutto lo stupore e con tutta l'emozione
che nascono da una parola sempre nuova
e da un amore che non conosce misura.
Strappaci perciò alle nostre inerzie abituali
e fa' sgorgare dal nostro cuore un grido
che celebri l'esperienza gioiosa di questo incontro.
Ma salvaci al tempo stesso dalla retorica dei devoti
che credono di poterti onorare
con il loro vaniloquio sentimentale.
I veri servitori del tuo regno
sono i santi umili, nascosti, concreti
che ti onorano riconoscendo la tua presenza
nel volto di ogni persona che ha bisogno.
Dona anche a noi l'intelligenza del cuore
perché possiamo salutare
ogni fratello che avviciniamo
con le parole che troviamo oggi nel tuo vangelo
e con il dono di un sorriso:
“Benedetto sei tu, che vieni nel nome del Signore".
Amen.
( Pozzoli)
LETTURA DEL VANGELO SEC. MARCO 11,1-11
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! / Osanna nel più alto dei cieli! ».
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
Bibbia CEI 2008
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