"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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giovedì 24 marzo 2011

PRESUNZIONE: riflessione-terza-domenica di-quaresima ambrosiana (di Abramo) Gv 8,31-59

PRESUNTUOSO (nel dizionario universale) aggettivo persona che ha una eccessiva stima di se e delle proprie capacità; vuole avere sempre ragione
PRESUNTUOSO (nel vocabolario morale) atteggiamento interiore per il quale non ci giudichiamo con verità e ci giudichiamo più di quello che realmente siamo.

Chi sono i protagonisti di questo racconto?
All'inizio vengono introdotti come potenziali discepoli di Gesù. Si parla infatti di Giudei che avevano creduto in lui. Erano dunque simpatizzanti e ammiratori, anche se non ancora completamente disposti a seguire in tutto i suoi sorprendenti e a volte sconcertanti comportamenti.
Alla fine del racconto li vediamo pronti a scagliare pietre contro Gesù con la manifesta volontà di lapidarlo.
Come si spiega questo insorgere della presunzione in persone che prima avremmo potuto giudicare come persone sagge, riflessive e credenti in Dio?
Se pensiamo di conoscere Dio e di sapere quale è la sua volontà, se ci permettiamo di giudicare le persone come se fossimo noi ad amministrare la giustizia di Dio, vuol dire che Dio l'abbiamo ridotto a idolo.
Un'antica narrazione ebraica racconta che la prima realtà creata da Dio nell'Eden fu il punto interrogativo. Come a dire che noi siamo dentro una realtà misteriosa mai pienamente posseduta, ma da interrogare sempre e da adorare.
Di questo si erano dimenticati i giudei di cui parla il Vangelo. Avevano sostituito il punto interrogativo con la presunzione espressa da un perentorio: «Noi sappiamo».
C'è un'altra cosa che i giudei di cui parla il Vangelo dimostrano di avere dimenticato. Hanno la presunzione di poter affermare: «Il nostro padre è Abramo». E non vogliono ricordare che Abramo ha rischiato tutto mettendosi in cammino, senza sapere quale sarebbe stata la destinazione voluta da Dio, mentre essi non conoscono altro movimento che quello di chiudersi in se stessi, a difesa delle proprie certezze e della propria tranquillità.
Thomas Merton, il famoso monaco trappista del secolo scorso, parla di una sorta di crampo che ci irrigidisce in noi stessi tanto da voler difendere il nostro io da ogni occasione di crisi e di turbamento.
E se qualcuno viene a turbare la nostra tranquillità con una verità diversa dalla nostra, ci difendiamo come hanno fatto i Giudei con Gesù: squalificandolo, demonizzandolo fino a volerne cancellare la presenza.
Si preferisce vivere nella presunzione piuttosto che accettare una verità scomoda. E la presunzione è sempre violenta: è madre della violenza.

PRESUNZIONE NELLA FEDE
Una volta le religioni avevano confini precisi.
Non soltanto geografici, ma, se così si può dire, teologici.
Il cristianesimo non era l'ebraismo, l’ebraismo non era l'islamismo, l'islamismo non era l'induismo...
Mettere piede in una chiesa che non fosse della propria religione era allora severamente proibito.
C'è chi ricorda come non fosse permesso a un cattolico entrare in un tempio protestante, dove pure avrebbe potuto ascoltare lo stesso Vangelo e pregare lo stesso Gesù.
Sorprendente perciò è stato nel 1986 il gesto con cui Giovanni Paolo II invitò ad Assisí i più alti rappresentanti delle diverse religioni per pregare insieme in spirito di fraterna comunione.
Tutte le religioni portano a Dio: non contano tanto le forme quanto lo spirito che le anima.
Avrebbe dunque ragione Gandhi quando, con una finissima immagine, ci viene a dire: « Dio è un pozzo. Ogni religione vi attinge, l'una con un secchio, l'altra con una giara, la terza con un otre. Guardiamo all'acqua e non alla forma dei nostri recipienti ».
(diversi esegeti)

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