UMILE persona che accetta serenamente la propria condizione senza cercare di imporsi agli altri o di procurarsi fama e consensi sfoggiando le qualità possedute; schivo, rispettoso.
BEATI I MITI La mitezza secondo la Bibbia non è debolezza d’animo, mollezza di carattere, remissività nell’affrontare gli eventi della vita; essa è invece una tranquillità d’animo, che è frutto della carità e che si manifesta esteriormente in un atteggiamento di totale benevolenza verso gli uomini e di coraggiosa sopportazione di persone o di eventi spiacevoli.
Il termine ebraico che indica la mitezza significa anche povertà.
Perciò la mitezza include un atteggiamento di povertà spirituale, di pazienza, dolcezza e fiducia in Dio, che esclude la collera, la stizza e l’irritazione.
L’AT celebra con molto fervore la mitezza di Dio che è più incline al perdono che al castigo; anche quando punisce, Dio agisce con moderazione. I salmi soprattutto mettono in rilievo l’immensa bontà di Dio. Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia davanti agli occhi di tutti (Sal 31,20); Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca (Sal 86,5). Dio governa l’universo con soavità e tutti gli uomini sono invitati a gustare la sua divina clemenza: Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia (Sal 34,9). Le parole del Signore, cioè la legge mosaica, sono dolci al palato dei fedeli: I giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante (Sal 19,10-11). Anche la sapienza che viene dall’alto possiede la qualità della dolcezza: Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono e dolce sarà il favo al tuo palato. Sappi che tale è la sapienza per te (Pr 24,13-14). Gli uomini pii dell’AT si distinguono per la loro mansuetudine. Di fronte alla prosperità dei malvagi le anime pie rischiano di accalorarsi, di eccitarsi e di rivoltarsi contro Dio.
Per noi esempio di vita è sempre Cristo.
«Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt. 11, 29);
«Come pecora muta dinnanzí a chi la tosa» (Is. 53, 7).
Lo si vuol precipitare dal monte? S'accontenta di sfuggire (Lc. 4, 29).
Gesù da’ queste risposte:
a Giuda traditore: « Amico...
agli apostoli in sonno: « Non vi fu possibile vegliare?...
ai soldati uccisori: « Perdona loro » (Mt. 26, 50. 40; Lc. 23, 34).
la donna sorpresa in adulterio non è umiliata ma sollevata: « Nemmeno io ti condanno » (Gv. 8, 11).
spossato dalle folle, stanco per giornate laboriose, angosciato dall'ottusità, accetta tutti nei momenti più imprevisti, con parole e tratti sempre dolcissimi.
Rifiuta la leader-ship spettacolare di allora.
Abbina le esigenze totalitarie del Regno con la comprensione inarrivabile sua: la rinuncia totale con l'infinita misericordia.
Nessuno lascia scoraggiato. Nessuno esclude.
Resta fondamentalmente solo, sì che l'ora lo coglie abbandonato da tutti.
La mitezza è ridondanza d'un cuore gonfio di carità, espressione vivente della bontà di Dio.
Lo zelo amaro, il gesto aspro sono frutti d'amor proprio e nascono dal fondo di aggressività, presunzione, animosità e insopportabilità.
Spesso i lontani giudicano la misericordia di Dio dal comportamento dei fedeli suoi: la buona o cattiva accoglienza apre o chiude eternamente la grazia. Hanno poche occasioni per recepire Dio e solo l'amore li può gettare nelle sue braccia.
Purtroppo «La gente devota è la meno benigna » (Faber).
L'amore addolcisce le piaghe, non le esaspera; alleggerisce i pesi, anziché aumentarli.
E questo con tutti: con gli ostinati, i deboli che ricadono, í seccatorí dai racconti scoccianti, gli ingrati.
Anche se in un cuore v'è solo un briciolo di bontà, lo si circonda di attenzioni premurose affinché il lucignolo non si spenga.
Talvolta la carità è messa a dura prova dal comportamento irritante di certe persone e si risponde con ira e rivincite malaccorte, quando una risposta blanda accomoderebbe tutto.
Il sorriso è apostolato. Deve illuminare il mio volto. Perché addossare al prossimo i miei crucci? La melanconia è frutto dell'egoismo e del sentimento di non essere abbastanza amato, quando la vera carità cerca di amare disinteressatamente.
Dio scrive diritto sulle righe storte, e ogni cosa conduce al miglior fine. La salute mi fa pronto al dovere
La malattia mi consuma di riparazione.
Le doti attivano l'apostolato
L'assenza scava l'umiltà.
Le consolazioni accendono l'entusiasmo
Le secchezze fanno spasimare di Dio.
Ira, passione torbida perché sbocco di molti mali. « Bandite da voi ogni animosità, sdegno, arroganza...» (Ef. 4, 32): parole attuali all'uomo d'oggi che si irrita con tutto e con tutti. Ha la radice nell'irreflessività, nell'intemperanza di carattere, nell'attendere gli avvenimenti secondo i propri parametri, nel dogmatismo (« l'ho detto io ») e nello spirito di contraddizione. Non solo toglie la serenità di giudizio, ma deforma il viso immagine di Dio: bisognerebbe, guardarsi allo specchio dopo uno scatto d'ira!
Se fossi così sagace e credente da aspettarmi che non tutto possa filare liscio, perché Dio è imprevedibile, mi disporrei anzitempo e non mi lascerei trasportare dall'ira! Il vero male, in fondo, non sta nelle cose e nelle persone che mi intralciano, ma dentro me stesso.
E' inutile che spezzi una brocca.
Dovrei spezzare l'io.
« Non tramonti mai il sole sopra la mia ira » (Ef. 4, 26). Dovrei spezzare l'io.
« La risposta calma, smorza l'ira » (Prv. 15, 1).
Sono parole ispirate dallo Spirito Santo.
Facciamo che diventino vita nostra.
Se non di fatto, almeno di buona volontà.
( appunti presi da diversi esegeti)
che meraviglia sorellina... grazie per questa perla preziosa.
RispondiEliminaDavvero grazie!
Un antico proverbio nato in ambiente biblico dice: "il miglior predicatore è il cuore"...
RispondiEliminae Pozzoli scrive:
"Se Dio è il "GRANDE SEDUTTORE" non si può essere funzionari della parola, ma innamorati.
L'ideale sarebbe leggere il Vangelo attraverso l'esperienza del cuore umano e leggere il cuore umano attraverso il Vangelo, a partire dalla seduzione che la parola di Dio ha esercitato nel profondo del nostro essere.
Questa è la vera esegesi... saper comunicare la calda vibrazione della verità evangelica.
«La gente devota è la meno benigna » (Faber)
RispondiEliminaLa frase di Faber posta in mezzo al brano carità-amore è stato motivo di confronto con il "gruppo ascolto del Vangelo" del quale sono responsabile.
Constatare che proprio noi che ci reputiamo cristiani- cattolici-praticanti quante volte non sappiamo praticare carità- amore e non sappiamo "donare" come Lui ci ha insegnato.
Per noi è stato un forte esame di coscienza!
Gesù pone a fondamento l'amore nella sua forma più spinta: «Io al tuo posto, dare per non ricevere ».
Anche il pagano prega ed il mussulmano digiuna. Ma cristiano è solo colui che ama COME ed IN Gesù.
...Eppure viviamo gomito a gomito, non cuore a cuore.
Signore, che io doni senza ricevere.
Prevenga un favore senza che me lo si domandi.
Sia disponibile perché l'altro si senta accolto, capito e amato.
Nessuno parta da me senza una goccia di bontà o un sorriso.
Sono cristiano, uomo di speranza, quando grido: « Ho fatto del bene, grazie o Dio!
Ho fatto molto male, e la tua bontà me lo ha già perdonato».
Non so se è questo che dovevo rispondere, ma sono sempre pronta ad imparare e confrontarmi.
Benissimo questo elogio della mitezza come apertura del cuore, capacità di amare sempre e comunque ma come si accorda con la capacità di indignarsi che è quella, in fondo, che porta a reagire alle ingiustizie, ai sorprusi che è quello "scatto" in più per spingere ad operare concretamente il bene? Questo equilibrio fra due modi di "sentire" lo trovo molto difficile da conquistare e poche persone lo possiedono. Come si fa ad ottenerlo?
RispondiEliminaHai posto una domanda complessa e molto intelligente.
RispondiEliminaIo ci provo a rispondere.
Per me che sono credente oso dire: non basta conoscere il bene che dobbiamo fare, ma bisogna avere la forza interiore per realizzarlo: la conoscenza posso averla studiando le leggi morali o anche solo ascoltando la voce della coscienza, la forza di conquistare questo equilibrio tra due modi di "sentire" mi è data (e molte volte mi costa fatica) da Gesù con la sua testimonianza.
Anch’io mi pongo domande tipo quella da te espressa e penso che per tutti la capacità di ottenere questo equilibrio che è poi una importanza fondamentale, anche pratica, sia riscoprire e coltivare la nostra volontà (non certo la “volontà vittoriana”come definita da Freud).
La volontà è neutrale. Ecco quindi la necessità di creare e sviluppare una “buona volontà” che sia dalla parte delle persone ed agisca a beneficio del tutto.
Il mio punto di vista è che la buona volontà è una delle più alte manifestazioni dello spirito umano e una tale volontà è orientata verso fini belli e importanti e chi l’attiva si sente unito e coerente; è una azione benefica in cui si investe in maniera deliberata e sistematica, tutto il proprio essere.
Essere “miti” è un’impresa che mette in gioco tutta la nostra “buona volontà”.
Scusa anonimo/a se non mi sono espressa bene ma l’essere sintetici su questo tema non è facile.
Con stima
enrica
Mite con i deboli e forte con i forti. Credo sia la qualità di quelli che hanno fatto grandi cose nel campo dell'assistenza. E nella vita di tutti i giorni? Che è la nostra vita? la mia Vita? Ci devo riflettere; per ora vado a leggere qualche cosa sulla "carità vitoriana" e ti ringrazio molto. Ciao tuo anonimo
RispondiEliminaSono sempre l'anonimo volevo e dovevo scrivere volontà vittoriana e non carità vittoriana ciao a presto
RispondiEliminagrazie anonimo,
RispondiEliminaimmaginavo che volevi scrivere ciò.
Cerca nel tuo cuore e la risposta è pronta.
Per me la vita è un dono d'amore pur nella sofferenza ma soprattutto nella gioia.
Vedi che un po' di egoismo è anche in me.
Grazie anonimo da
enrica