Storia e significato all’interno del Rito
Ambrosiano
La candela ha avuto sempre un significato
speciale per l’uomo, soprattutto perché prima che venisse scoperta
l’elettricità rappresentava la vittoria sull’oscurità della notte. Alla luce
delle candele San Girolamo traduceva la Bibbia dal greco e dall’ebraico al
latino nelle grotte scure di Betlemme, dove nacque Gesù Cristo. In casa, di
notte, quando manca l’energia, ancora oggi tutti corrono a cercare una candela
e un fiammifero.
Accendere candele ci fa ricordare anche la
festa ebraica di Chanukkah, che celebra la riconquista della città di
Gerusalemme da parte dei fratelli maccabei dalle mani dei greci del re Antioco
IV.
Prima dell’era cristiana, i pagani
celebravano a Roma la festa del dio Sole Invincibile (Diessolisinvicti) nel
solstizio d’inverno, il 25 dicembre. La Chiesa, saggiamente, ha iniziato a
celebrare il Natale di Gesù in quel giorno, per mostrare che Cristo è il vero
Dio, il vero Sole, che porta nei suoi raggi la salvezza. È la festa della luce
che è Cristo: “Io sono la Luce del mondo” (Gv 12,8). A Natale è scesa per noi
la vera Luce “che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).
Nella fiamma della candela sono presenti le
forze della natura e della vita. Ogni candela segna un anno della nostra vita
sulla torta di compleanno. Per noi cristiani simboleggiano la fede, l’amore e
il lavoro realizzato a favore del Regno di Dio. Le candele sono vite che si immolano
nella liturgia dell’amore per Dio e per il prossimo. Tutto ciò è stato portato
nella liturgia dell’Avvento. Con rami di pino, una corona con sei candele
prepara i cuori all’arrivo del Dio Bambino.
In queste sei settimane siamo invitati ad
aspettare Gesù che viene. È un periodo di preparazione e di gioiosa attesa del
Signore. La Corona d’Avvento è composta,
nel rito ambrosiano, da sei candele legate ai rami a formare un cerchio che non
ha inizio né fine ed è simbolo dell’eternità di Dio e del regno eterno di
Cristo. Ogni domenica se ne accende una.
Le sei candele dell’Avvento simboleggiano
quindi le grandi tappe della salvezza in Cristo. L’Avvento, come tempo di
preparazione alla festa di Natale, nasce e si sviluppa sul modello della
Quaresima.
Come infatti la più importante delle feste
dell’anno liturgico, la Pasqua di Risurrezione, prevede un periodo di
preparazione (la Quaresima appunto), così, attorno al secolo VI, la liturgia
sentì il bisogno di un periodo di preparazione anche alla seconda grande festa
dell’anno liturgico, cioè il Natale.
E come la Quaresima è scandita su sei
domeniche, anche l’Avvento fu strutturato su sei domeniche. Fu attorno al
secolo VII-VIII che la Chiesa romana accorciò l’avvento a quattro settimane, e
quest’uso si diffuse poi in tutta la Chiesa latina occidentale. Tranne che a
Milano, però, dove si conservò il computo più antico, quello appunto delle sei
domeniche. Lo si chiamò “Avvento ambrosiano”, ma solo perché nel resto della
Chiesa occidentale si faceva diversamente, sul modello del “nuovo” Avvento
romano di quattro domeniche.
In realtà quindi – a ben guardare dal punto
di vista storico – non si tratta di una particolarità ambrosiana: a Milano
infatti si continuò a fare quello che anticamente si faceva in tutte le Chiese.
Nella successione delle domeniche la
liturgia d’Avvento rinnova l’aspirazione di Israele e dell’intero creato alla
salvezza. L’itinerario delle prime cinque domeniche è evidenziato dalla
titolatura di ciascuna di esse, cui corrisponde la scelta delle letture nei tre
anni:
•La
venuta del Signore (il Vangelo tratta della seconda venuta di Gesù nella
gloria)
•I
figli del Regno (il Vangelo tratta dell’invito alla conversione che
Giovanni Battista rivolge ai propri discepoli per essere pronti alla venuta del
Messia)
•Le
profezie adempiute (il Vangelo tratta dell’adempimento delle antiche
profezie in Gesù)
•L’ingresso
del Messia (il Vangelo tratta dell’ingresso gioioso di Gesù a Gerusalemme)
•Il
Precursore (il Vangelo tratta di Giovanni e della sua testimonianza che
Gesù è il Messia)
L’itinerario liturgico delle prime cinque
domeniche sfocia nella celebrazione della venuta del Verbo nel grembo della
Vergine Maria, mistero cui è dedicata la
VI domenica di Avvento, che la tradizione ambrosiana denomina “Domenica dell’Incarnazione”. In essa è
celebrata, con una prospettiva marcatamente cristologica, la Divina Maternità
della Vergine Maria.
Ecco che allora, simbolicamente, la Corona
di Avvento si presenta nella Liturgia come un’accensione di luce, graduale e
progressiva, che troverà il suo culmine nella notte di Natale quando saremo
chiamati ad accogliere la presenza della Luce di Gesù nella nostra vita.
“Il
popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che
abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai
aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e
come si gioisce quando si spartisce la preda. Poiché il giogo che gli pesava e
la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al
tempo di Madian. Poiché ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello
macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco. Poiché un bambino è
nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità
ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe
della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di
Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e
la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti” (Is 9,1-6).
Tratto da itirenario
tematico" Camminiamo insieme" verso il Signore che viene- Avvento
2018
- Basilica S. Stefano- Sesto
S. Giovanni- di Monsignor dRoberto Davanzo, prevosto-
Nessun commento:
Posta un commento