A soli 7 anni era stata venduta e comprata, come una cosa. Senza diritti e senza nemmeno un nome.
Fu caricata su una nave, come un pacco, e trasportata dall’altra parte del mondo, dall’Africa a Boston.
La nave si chiamava Phyllis, e così qualcuno decise che anche lei si sarebbe chiamata Phyllis.
Nella sfortuna fu fortunata, perché la destinazione finale del suo viaggio era una famiglia di persone per bene, non tanto da non comprare una schiava bambina (era il 1761), ma abbastanza per incoraggiarla a studiare.
Grazie alla famiglia Wheatley, Phillys imparò a leggere e scrivere. Imparò il latino e il greco. Studiò storia e geografia. Ma soprattutto dimostrò un talento straordinario per la poesia, tanto che divenne famosa. Si racconta che anche George Washington la apprezzasse molto, e grazie alla sua popolarità ottenne la libertà. Ma non la serenità: in troppi dubitavano che fosse veramente lei a scrivere quelle poesie, perché era unna donna… e pure nera! Così fu sottoposta all’umiliazione di esami e prove, per accertare che fosse così intelligente da scrivere quelle belle poesie che ormai tutti conoscevano. Solo dopo aver superato le ultime resistenze, riuscì a pubblicare la sua prima raccolta di poesie. Era il 1773 e Phyllis Wheatley divenne la prima donna afroamericana a veder pubblicati i suoi scritti.
Donna, nera, schiava. E poetessa.
La farfalla della gentilezza Grazie.
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