Dietro il sorriso
della Gioconda
Bobbio è un’amena
località della Val Trebbia, nel Piacentino, molto amata dai milanesi. Che la
visitano per la pancetta, il profumo della natura, il Ponte Vecchio o il Borgo
Medioevale, l’Abbazia di San Colombano o un semplice bagno nelle pozze
selvagge, appena scoppia il caldo. Da ieri però i milanesi, e non solo,
guarderanno Bobbio con un altro occhio, ancor più ammirato. perché la recente
conferma della presenza di Leonardo in zona, scoperta da un gruppo di
scienziati, rafforza ormai fino alla quasi certezza la teoria dello sfondo
bobbiese della Gioconda. Lo sottolinea la ricercatrice Carla Glori, che
localizza il paesaggio alle spalle di Monna Lisa proprio in quello di Bobbio,
visto dal castello Malaspina Dal Verme. «Gli studi condotti sugli icnofossili (tracce
fossili di impronte di antichi esseri viventi) provano che le stesse forme sono
state riprodotte da Leonardo nel Codice Leicester». Spiegare il resto è un po’
complicato, ma chi credeva fino a ieri che dietro il sorriso più famoso del
mondo si nascondessero le terre aretine o i paesaggi di Trezzo, tanto amati dal
maestro, ora deve ricredersi. Evviva il Trebbia, le sue acque e la sua Storia
segreta.
Enrico Fovanna
ilgiorno.it
Gioconda
Leonardo da Vinci ci
ha lasciato numerosi capolavori che ancora oggi studiamo e ammiriamo. Un
capolavoro assoluto è, senz’altro, il dipinto ad olio della Gioconda (16 °
secolo), nota anche come “La Monna Lisa”, considerato dal mondo dell’arte per
essere una delle sue opere più famose.
La storia della
Gioconda ha da tempo raccolto molta attenzione, suscitando polemiche
sull’identità della donna che posava per la pittura.
Si dice che il
dipinto fu commissionato dal ricco mercante di seta Francesco del Giocondo e
sua moglie Lisa.
La coppia lo voleva
per la loro nuova casa, e per celebrare la nascita del loro secondo figlio.
Molti credono che la
donna del dipinto è infatti Lisa Gherardini. Tuttavia, il dibattito continua
ancora oggi.
Da Vinci iniziò
l’opera nel 1503 e vi lavorò per quattro anni; poi, la mise da parte.
Si trasferì a Parigi
nel 1516, su invito del re di Francia, e riprese il suo lavoro sulla Gioconda.
Ci sono voluti altri
tre anni per completarlo. Ci sono voluti altri 300 anni prima che qualcuno, al
di fuori di Italia, lo considerasse, annoverandolo tra i capolavori del
Rinascimento.
Leonardo usava
tecniche ed elementi nuovi per l’epoca. La pelle della Gioconda sembra
brillare, grazie agli strati di oli trasparenti.
Da Vinci era uno
scienziato e, perciò, applicò le conoscenze di anatomia per dare realismo alla
Gioconda.
Utilizzò ciò che
aveva imparato dallo studio sui colori cangianti del paesaggio.
Anche il sorriso
enigmatico della Gioconda e lo sfondo del paesaggio hanno ispirato tantissime
pagine di letteratura, di critica, di studio e suggestioni.
Sfuggente, ironica e
sensuale allo stesso tempo, la Monna Lisa è stata di volta in volta adorata,
contemplata, ma anche oggetto di satira o caricatura.
Quando morì, da
Vinci, lasciò la Gioconda al suo amico e mecenate, re Francesco I.
Il re conservò il
dipinto nel suo alloggio privato al Palazzo di Fontainebleau; alla sua morte,
la sua stanza fu trasformata in una galleria d’arte.
Luigi XV si portò il
dipinto alla Reggia di Versailles, e per un po’, il dipinto fu appeso nella
camera da letto di Napoleone, nel palazzo delle Tuileries.
Tuttavia, la Monna
Lisa trovò una sede permanente solo nel 1793, quando il Louvre di Parigi aprì
la collezione d’arte reale mettendola a disposizione del pubblico.
Durante la seconda
guerra mondiale, c’era la preoccupazione che la Gioconda potesse essere
danneggiata dalle bombe o rubata dai nazisti.
Così, il dipinto fu
portato via in ambulanza nel 1939, trascorrendo la guerra in clandestinità.
Il furto
La Gioconda fu
oggetto di una rapina che ha causò molto clamore.
Il 21 agosto 1911,
mentre il dipinto era esposto al Salon Carré del Louvre, un artista, notando lo
spazio vuoto, scoprì che la Gioconda era stata rubata. Il museo fu chiuso per
una settimana per perseguire le indagini.
Il poeta francese
Guillaume Apollinaire venne arrestato e imprigionato col sospetto che fosse in
qualche modo implicato nel il furto.
Lui, a sua volta,
accusò il suo amico Pablo Picasso. Alla fine, entrambi gli uomini furono
prosciolti da ogni accusa.
Fu ritrovata solo
nel 1912. Si scoprì che il dipendente del Louvre Vincenzo Peruggia aveva rubato
il dipinto, nascondendolo sotto la giacca dopo la chiusura.
Una ipotesi sul
motivo del furto è che Peruggia era convinto che l’opera appartenesse
all’Italia, essendo stata dipinta dall’italiano Leonardo da Vinci.
Un’altra ipotesi è
che un suo amico aveva venduto copie della Gioconda, e che il valore delle
copie sarebbe aumentato se l’originale fosse sparito.
Vincenzo Peruggia fu
catturato mentre cercava di vendere il quadro.
La Gioconda fu
restituita al Louvre nel 1913, dove si trova ancora oggi, continuando ad
incuriosire i suoi ammiratori.
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