Si dice spesso che accanto ad ogni grande uomo, c’è una grande donna. Questa affermazione viene ampiamente confermata dal legame che vi è stato tra Santa Monica e il figlio Sant’Agostino.
Nata nel 331 a Tagaste nella Numidia romana, lascia un’impronta fondamentale nella storia del cristianesimo, non solo perché madre del grande Agostino d’Ippona, ma anche per la sua personalità, la sua vivacità ed esuberanza, la sua intelligenza, la sua forza, la sua determinazione, la sua sensibilità, la sua tenacia, la sua mitezza, la sua fede incrollabile …
Monica seppe piegare la sua indole e accogliere con mansuetudine la volontà di Dio.
Nata in una famiglia benestante, le fu permesso di studiare e si dedicò con grande passione alla lettura delle Sacre Scritture. Fu data in sposa ancora adolescente a Patrizio, funzionario dell’amministrazione imperiale, uomo dal carattere irascibile, ma Monica riuscì a domarne il carattere con la tenerezza e la bontà. Patrizio ricevette il Battesimo in punto di morte. Rimasta presto vedova, allevò da sola i suoi tre figli. Per Agostino sognava un futuro brillante, ma il giovane la deluse con le sue scelte. A diciotto anni si trovò padre di Adeodato, figlio che amò profondamente, nato da una sua relazione con una giovane di rango inferiore al suo. Per la mentalità del tempo fu impossibilitato a regolarizzare la situazione. Non rese mai pubblico il nome della ragazza, indicandola sempre come “Illa”, con lei visse per circa quindici anni. Monica era grandemente addolorata della condotta di lui. Terminati gli studi a Cartagine, Agostino scelse di recarsi con la famiglia a Roma. La madre aveva deciso di seguirlo, ma egli la lasciò a Cartagine. Monica, per il dispiacere, passò la notte a piangere sulla tomba di san Cipriano.
All’inizio fu forse troppo insistente ed invadente nei confronti del figlio, tuttavia a poco a poco comprese che doveva stargli accanto con rispetto e discrezione. Suor Elisabetta Turchi dice: Agostino fiorisce quando lei smette di stare accanto a lui come una presenza “eccessiva”.
Ella soffrì moltissimo per l’adesione del figlio all’eresia manichea. Ciò che di lei sappiamo, di certi aspetti del carattere, delle sue debolezze, di qualche disobbedienza nell’adolescenza, del suo rapporto col figlio, ci è raccontato dal grande santo nelle sue “Confessioni”. Agostino ci riferisce anche di aver tentato, ma senza alcun successo, di attirarla nella filosofia manichea della quale era convinto seguace.
Agostino, d’accordo con quanto sosteneva Cicerone, affermava che la vera felicità sta nella Sapienza, nella Verità, nella Virtù. Egli era rimasto deluso dalla lettura della Bibbia e la religione di sua madre gli era apparsa come una “superstizione puerile”. Ma in seguito comprenderà che per avvicinarsi al Mistero, occorre farsi umili e piccoli come bambini. L’eresia manichea che negava la libertà dell’uomo, lo aveva molto affascinato: secondo questa corrente filosofica bene e male, cioè luce e tenebra, si contrappongono, dominando l’animo umano, quindi ogni azione dipende dalla predominanza ora dell’una, ora dell’altra forza. Tale concezione liberava Agostino da ogni complesso di colpa, non c’era responsabilità per gli errori da lui commessi, perché tutto dipendeva dal principio del male che lo dominava. Per ben sette anni aderì a questa eresia, ma a poco a poco Agostino si avvicinò al Cristianesimo e diede inizio ad una polemica serrata con i Manichei.
Con l’appoggio di Aurelio Simmaco ottenne una cattedra di retorica a Milano. L’influenza, l’umiltà, la sapienza biblica del Vescovo Ambrogio, aiutarono Agostino ad allontanarsi dall’eresia. La madre Monica, la quale aveva riposto nel santo Vescovo la speranza e la fiducia che potesse cambiare il figlio, lo raggiunse a Milano. Nelle “Confessioni” Agostino scriverà:” Il mio sdegno verso i Manichei si mutava in pietà per la loro ignoranza dei nostri misteri”.
Nell’Aprile del 387, durante la veglia pasquale, Agostino ricevette il Battesimo da Ambrogio (insieme col figlio Adeodato, col fratello Navigio e con l’amico Alipio). Monica, raggiante, era presente alla cerimonia. Aveva versato fiumi di lacrime per la conversione del figlio. Vedendola così afflitta, il vescovo di Tagaste, un giorno le disse:”Non è possibile che il figlio di tante lacrime perisca!”
Agostino osserva:” Mia madre mi ha generato due volte, la prima nella carne a questa vita temporale, la seconda mi ha generato col cuore alla vita eterna.”
Nel trattato su “la felicità” , nel paragrafo “L'universale desiderio di felicità”.
Agostino riporta quanto segue:
… riprendendo il discorso, affermai: “Noi desideriamo esser felici”. Avevo appena espresso tale principio che l'accettarono all'unanimità. (Erano presenti alla discussione i familiari di Agostino) "Ritenete, soggiunsi, che sia felice chi non ha l'oggetto del suo desiderio?". Dissero di no. "Allora chiunque consegua l'oggetto del suo desiderio è felice?". Mia madre intervenne: "Se desidera e consegue il bene è felice; se poi desidera il male, ancorché lo raggiunga, è infelice". Ed io, sorridendole con espressione di gioia, le dissi: "Madre mia, decisamente hai raggiunto la vetta del filosofare.
E ancora il figlio espresse tutta la sua ammirazione verso sua madre osservando:” è una donna di fede virile, di assennata gravità, di cristiana pietà e materna carità… Si è presa cura non solo dei figli carnali, ma come se di tutti fosse la madre!”
Dopo che Agostino ebbe ricevuto il Battesimo, si ritirò ad Ostia con Monica e i due divennero inseparabili, scambiando colloqui di grande intensità spirituale che Agostino trascrive e che rappresentano una insostituibile guida per chi è alla ricerca di Dio.
I due, in continua preghiera, vissero una singolare esperienza mistica, ”un’estasi platonica”. Mancavano pochi giorni alla morte di lei e mentre parlavano tra loro, facevano progetti per l’avvenire spirituale, si chiedevano quale sarebbe stata la vita eterna dei beati e “aprivano il cuore alla Fonte della Vita”.
Si rivolsero all’”Ente in sé” salendo sempre più in alto nell’ammirazione delle opere divine, fino alla loro contemplazione, comprendendo che l’Ente in sé “E’ l’Eterno”, non c’è passato o futuro, c’è l’eterno presente. Così, parlando e contemplando, poterono cogliere “un po’ di eternità”.
Monica morirà dopo nove giorni, forse di febbri malariche, il 27 Agosto 387.
Agostino, dopo la morte della madre, tornò in Africa, fu ordinato sacerdote, fondò un Monastero, divenne Vescovo di Ippona, e si scagliò contro le eresie del tempo (Pelagianesimo, Donatismo, Manicheismo).
L’impronta della madre Monica, fu indelebile nella vita del grande Santo, ella seppe accogliere con mansuetudine la volontà di Dio. Il suo comportamento insegna alle madri di oggi la pazienza, la necessità di attendere che un figlio maturi liberamente la propria personalità e la propria vocazione. Fu capace di “dare vita” non solo materiale, ma anche spirituale. Un’altra sua caratteristica fu la preghiera insistente, fiduciosa, costante, tenace: non si stancherà mai di chiedere e sperare!
Papa Francesco ne ha esaltato le virtù affermando che può essere un esempio grande anche per le donne del nostro tempo: rappresenta con forza il “carisma femminile”, è un modello di “donna riuscita”.
Santa Monica è la patrona delle donne sposate e delle madri cristiane. Chiara Lubich la definisce “sede della sapienza e insieme madre di casa”.
La Chiesa cattolica festeggia la santa il 27 Agosto (in forma straordinaria il 4 maggio).
Autore: Maria Adelaide Petrillo
Autore: Maria Adelaide Petrillo
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