"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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giovedì 28 giugno 2012

Pizza Margherita (curiosità)

BORDIGHERA - REGINA MARGHERITA
Ecco l'autrice della famosa pizza! La ricetta originale della pizza napoletana non contempla la mozzarella ma lei ce la volle mettere lo stesso: l'amava troppo.



La pizza Margherita prende il nome dalla prima regina d'Italia Margherita di Savoia (che aveva una residenza a Bordighera), poiché i suoi colori rappresentano la bandiera italiana dopo l'unificazione, nel 1861 - pomodori rossi, basilico verde e formaggio bianco.

venerdì 15 giugno 2012

Cantico dei Cantici (2, 8-14)


Cantico dei Cantici 2,8-14

8Una voce! L’amato mio!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
9L’amato mio somiglia a una gazzella
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
... guarda dalla finestra,
spia dalle inferriate.
10Ora l’amato mio prende a dirmi:
«Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
11Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
12i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
13Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
14O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è incantevole».

Lettura del Cantico dei Cantici (2, 8-14)
Il testo ci offre un brano di raffinata bellezza poetica, dominato dallo sguardo e dalla voce della donna amata che si immedesima nell’incanto della primavera più sognato e fantastico che reale: “ella sente (o sogna) la voce del diletto o i suoi passi, venendo il diletto con salti su monti e colli, simile a gazzella o a cucciolo di cervi, lo intravede già intorno alla casa «dietro il nostro muro»; già guarda per le finestre e spia fra i cancelli. Ne ode la voce: e, prima, un invito, quasi una vocazione all’amore «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!» (espressione analoga nei contesti di vocazione profetica, ad esempio, Elia……..), poi un altro invito di vago sapore lamentoso, sempre sognato dalla ragazza, che ella si riveli a lui nell’incanto del suo viso, nella dolcezza della sua voce: «la tua voce è dolce, incantevole il tuo viso»”1. Come si può notare “emerge il gioco degli occhi che pervade il nostro brano in contrappunto a quello della voce e che diventa decisivo per la comunicazione e per la comunione interpersonale: vedere ed ascoltare sono i due grandi percorsi dell’amore e del dialogo”2.
L’amato “fa alzare la sua compagna e l’invita a entrare nel movimento panico di tutta la natura a primavera. Egli deve però, ancora scovare la sua donna, cercandola «nelle fenditure della roccia», cioè nel segreto della sua intimità; ma deve lui pure volgersi verso di lei in una ricerca continua che non conosce mai il possesso definitivo, pur nella certezza della mutua appartenenza. ..Rimbaud ha scritto un verso folgorante per descrivere questa attesa, un verso che potremmo applicare a ogni genuino amore, partendo con il poeta francese dall’amore per Dio: «J’attends Dieu avec gourmandise», «aspetto Dio con ingordigia» Un’attesa appassionata, fremente, intensa, «ingorda» appunto, l’attesa dell’amore vero e profondo”3.
Di qui il tema dell’attesa e del desiderio appassionato di un Amore che può essere colmato pienamente solo da Dio.

1 COLOMBO D., Cantico dei cantici, Queriniana, Brescia 1985, 75.
2 RAVASI G., Il Cantico dei cantici. Commento e attualizzazione, EDB, Bologna 1992, 274.
3 RAVASI G., Il Cantico dei cantici. Commento e attualizzazione, 275.

L'amore è così: primavera e inverno, notte e giorno, luce e tenebre, lontananza e unità profonda
Amore è farsi destare al proprio destino uscendo dalla paura dei propri limiti, specie da quelli che facciamo fatica ad accettare.

Il Cantico dei Cantici


Shir ha-Shirim (= La Canzone delle canzoni), il Canto più bello.

La più bella canzone d’amore è “Parola di Dio”.

IL «SANTO DEI SANTI» DELLA BIBBIA EBRAICA E CRISTIANA

È il libro più paradossale dell’umanità. Collane di poemetti universali lo pubblicano insieme ad altre “Perle d’Oriente”, come i Pensieri di BUDDA, o Antichi proverbi persiani, o i Pensieri di CONFUCIO, o il poema Rubaiyat (= Quartine) di OMAR KHAYYAM.
1 Lo si può leggere insieme alle liriche amorose degli antichi egiziani, dei cinesi, degli indiani e degli arabi. Lo si è paragonato ai poemi cultici mesopotamici o cananei, e alla poesia amorosa e bucolica alessandrina.
2 Il Cantico fa pensare pure alle liriche di Saffo e di Catullo, e all’Ars amatoria di OVIDIO.
3E non manca chi ritiene che questo libro sia stato introdotto nel canone biblico in un momento di distrazione o di abbaglio dei saggi d’Israele, sedotti dall’atmosfera sensuale ed erotica del testo, come un giorno due anziani giudici si lasciarono andare alla loro passione per la rara bellezza di Susanna, figlia di Chelkia (Dan 13). Gianfranco Ravasi, nel suo bel commento del Cantico dei Cantici, offre un sommario eloquente della tradizione letteraria amorosa mondiale e di quella artistica, che si è calorosamente interessata a questo gioiello poetico della Bibbia, o che, consapevolmente o no, è consonante con esso.
4Sorprendiamo però il Cantico letto avidamente anche nella Chiesa, e non solo nelle evasioni erotiche e amorose di Pietro Abelardo e di Eloisa, ma pure tra le mani di castissime donne, come Ildegarda di Bingen, Chiara di Assisi, Matilde di Magdeburgo, Gertrude di Helfta, Angela da Foligno, Giuliana di Norwich, Caterina da Siena, Caterina da Genova, Teresa d’Avila, Maria Maddalena de’ Pazzi, Veronica Giuliani, Maria dell’Incarnazione, Anna Caterina Emmerich, fino a Teresa di Lisieux, a Gemma Galgani, a Edith Stein e a tante altre.
Troviamo il Cantico variamente commentato da una schiera innumerevole di padri, mistici,esegeti e teologi, come Ippolito, Origene ed Efrem il Siro, Cirillo di Gerusalemme e Gregorio di Nissa, Ambrogio e Girolamo, Teodoreto di Ciro, Gregorio Magno e Beda il Venerabile, Alcuino, Gregorio di Narek, Ruperto di Deutz
5, Guglielmo di Saint-Thierry, Bernardo di Chiaravalle
6, Riccardo di San Vittore, Giovanni Ruysbroeck, Enrico Susone e Giovanni Taulero, Raimondo Lullo, Niccolò di Lira, Dionigi il Certosino, Fray Luís de León, Giovanni della Croce, Cornelius a Lapide, Francesco di Sales, Jean J. Surin, Federico Borromeo, Jacques Bénigne Bossuet, Luigi Lallemant, Jean-Pierre de Caussade e Pierre-Joseph de Clorivière, fino a Giovanni Paolo II e a molti altri.
(Francesco Rossi de Gasperis)

mercoledì 13 giugno 2012

Famiglia: un pensiero di Benedetto XVI



“La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi, ma quella dell’amore è una realtà meravigliosa, è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo”.

(Benedetto XVI, Omelia del 3 giugno 2012 durante il VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano)

Amici,  voi siete una realtà meravigliosa...
Grazie  "famiglia"
 Enrica

S. Antonio da Padova: la tradizione di benedire il pane

LA TRADIZIONE DI BENEDIRE IL PANE   (13 giugno - S. Antonio da Padova)
La tradizione di benedire il pane in onore di sant’Antonio e di distribuirlo poi in cambio di libere offerte da devolvere alle opere caritative affonda la propria origine in un evento miracoloso attribuito al Santo e narrato dalla Rigaldina.

Qui ne riproponiamo il racconto come offerto da P. Vergilio Gamboso, ofm conv. nel suo volume Libro dei miracoli di Sant’Antonio di Padova edito da Edizioni Messaggero Padova nel 1999.
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 Miracolo del piccolo Tommasino

Un bimbo di venti mesi, di nome Tommasino, i cui genitori avevano l’abitazione vicino alla chiesa del beato Antonio, in Padova, fu lasciato incautamente da sua madre accanto a un recipiente pieno d’acqua. Allorché quella donna fece ritorno a casa, vedendo emergere i piedi del bambino da quel mastello, vi si precipitò, e vide che la testa del figlio stava all’ingiù, nel fondo del recipiente, mentre i piedi si levavano sopra. Urlando trasse fuori il piccino, ormai rigido e morto.
Piangendo e lamentandosi ad alta voce, mise sossopra tutto il vicinato. Numerose persone accorsero sul posto, compresi alcuni frati in compagnia degli operai che lavoravano a certe riparazioni nella chiesa di sant’Antonio. Avendo constatato che il piccolo era sicuramente morto, ebbero compassione della sofferenza e delle lacrime della madre. Costei però, ricorrendo alla intercessione del beato Antonio, si mise ad implorarne l’aiuto; e fece voto di distribuire ai poveri la quantità di grano corrispondente al peso del bimbo, se il beato Antonio lo avesse risuscitato. Passato un po’ di tempo, il bambino risorse e fu ridato vivo a sua madre.

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Fernando di Buglione nasce a Lisbona. A 15 anni è novizio nel monastero di
San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant'Agostino. Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato prete. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d'Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell'eremo di Montepaolo. Su mandato dello stesso Francesco, inizierà poi a predicare in Romagna e poi nell'Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell'Italia settentrionale proseguendo nell'opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentondosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell'Arcella. (Avvenire)

Patronato: Affamati, oggetti smarriti, Poveri

Etimologia: Antonio = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco

Emblema: Giglio, Pesce

lunedì 11 giugno 2012

Parlaci delle Case (Gibran Kahlil Gibran)

Quindi si fece avanti un muratore, e domandò:
Parlaci delle Case.
Ed egli rispose, dicendo:
Immaginate una capanna nel deserto,
prima di costruire una casa
dentro le mura della città.
Giacché, come rincasate al tramonto,
così fa il pellegrino che è in voi,
eternamente remoto e solitario.
La casa è il vostro corpo più grande,
Essa cresce nel sole
e dorme nella quiete della notte;
e non è priva di sogni.
Non sogna forse la casa?
Non abbandona in sogno
la città per i boschi e le colline?
Vorrei nella mia mano
raccogliere le vostre case,
e come il seminatore,
disperderle sui prati e le foreste.
Le vostre strade vorrei fossero valli,
e i vostri viali verdissimi sentieri,
perché possiate a vicenda
cercarvi tra le vigne
e giungere con l'abito profumato di terra.
Ma questo non può ancora accadere.
I vostri antenati, paurosi,
vi radunarono insieme, troppo vicini.
E in voi durerà ancora la paura.
E le mura delle vostre città
separeranno ancora dai campi i vostri focolari.
Ditemi, gente d'Orfalese,
che avete in queste case?
Che mai custodite dietro l'uscio sbarrato?
La pace?
Il calmo impulso che rivela la forza?
Memorie?
L'arco delle chiarità perdute
che vi uniscono le cime della mente?
Avete la bellezza che conduce il cuore
dal legno e dalla pietra
espressi alla montagna sacra?
Ditemi, tutto ciò avete in casa vostra?
O vi appartiene solamente
la brama del benessere
che entra segreta e forestiera nella casa
per diventarne l'ospite e infine la padrona?
Ahimè, essa vi domina
con il rampino e la frusta
facendo di voi fantocci
delle vostre grandi aspirazioni.
Benché abbia le mani di seta,
ho il cuore di ferro.
Vi addormenta, cullandovi,
per starvi accanto al letto
e burlarsi della vostra nobile carne.
Schernisce i vostri sensi intatti
e li depone nella paglia come fragili vasi.
In verità, la brama del benessere
uccide la passione dell'anima
e ride dietro al suo funerale.
Ma voi, figli dell'aria,
insonni nel sonno,
non sarete ingannati e piegati.
La vostra casa non sarà l'ancora,
ma l'albero della nave.
Non la membrana smagliante
che vela la piaga,
ma una palpebra a difesa dell'occhio.
Non chiuderete le ali
per attraversare le porte,
non vi chinerete per non urtare la volta,
non tratterrete il respiro
per paura che si fendano e crollino i muri.
Non vivrete in sepolcri
edificati dai morti per i vivi.
E sebbene la vostra
sia una casa magnifica e splendida,
non serberà il vostro segreto
e le vostre aspirazioni.
Poiché ciò che in voi è sconfinato dimora nel cielo
dove vi sono cancelli di bruma mattutina,
e finestre di canti e di notturna quiete."

Gibran Kahlil Gibran - Il Profeta (BIBLIOTECA DELLA FENICE-GUANDA)1986

sabato 9 giugno 2012

Le reliquie dei beati coniugi Martin

Venerdì 1 giugno - Basilica  S. Stefano P.zza Petazzi - Sesto S.Giovanni


Le reliquie dei coniugi Martin, i genitori di Santa Teresina del Bambin Gesù, beatificati nel 2008.
Sarà un affidare la propria famiglia alla protezione di due coniugi che hanno saputo fare della loro famiglia un ambito di educazione alla santità.
Luigi e Zelia Martin hanno vissuto la fede e la ricerca della santità dentro la condizione laicale, nella famiglia e nel lavoro, condividendo le responsabilità lavorative, l’impegno nell’educazione dei figli, vissuto con tenero amore ma anche con fermezza, e l’esperienza del dolore (la perdita in tenera età di quattro dei nove figli, la malattia di Zelia che la porterà alla morte all’età di 45 anni).
Santa Teresina, la figlia più piccola, diceva dei suoi genitori:”Il Buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del Cielo che della terra”.
La vita di Luigi e Zelia, beatificati come famiglia e non come persone singole, ci testimonia una santità fiorita dentro un contesto di vita semplice, normale, come l’esperienza di ciascuno di noi.


4 giugno:  Giulio porta a spalla le reliquie dei beati coniugi Martin