Il rito della Nivola e il Santo Chiodo nel Duomo di Milano
Ieri ho seguito per tv il rito della chiusura del Triduo del Santo Chiodo.
Ogni anno si ripete il rito. Con l’Arcivescovo, che sale lassù attraverso un “marchingegno” chiamato ‘Nivola’ – perché è dipinto come una grossa nuvola con angioletti svolazzanti – che pare essere stato perfezionato da Leonardo da Vinci, proprio in quegli anni, ospite dei Visconti Sforza. Nel giorno finale del Triduo del Santo chiodo la reliquia viene, infatti, riposizionata nello spazio, a 42 metri di altezza, al vertice del catino dell’abside cella Cattedrale, dove la sua presenza è indicata dalla caratteristica piccola luce rossa, segno della luce di Gesù.
A San Carlo, negli anni della terribile peste, fu chiesto dalla popolazione di organizzare una processione con il Santo Chiodo per impetrare la cessazione di tale flagello che era iniziato nel 1576 nel Borgo degli Ortolani. Quanto al sacro chiodo, le sue origini si ritrovano nella prima metà del IV° secolo, quando, la Regina Elena, Madre di Costantino, avviò delle ricerche con l’intento di ritrovare le reliquie della Passione del Signore. Sarà nel 1461 l’Arcivescovo Carlo di Forlì, avendo ormai completato l’abside dell’attuale Duomo, i cui lavori erano iniziati nel 1386, a decidere di riporre qui in un cofanetto il Santo Chiodo. Oggi tale reliquia è conservata in un tabernacolo segnalato da una lampada rossa ben visibile all’ingresso in Duomo.
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