Seguire “l’esempio del Signore”: lui, Dio, che è più importante
lava i piedi. Perché fra noi quello che è il più in alto, deve essere al servizio
degli altri. Lavare i piedi è, infatti, dire “io sono al tuo servizio”, e
concretamente significa che “dobbiamo aiutarci” l’un l’altro. Aiutarci l’uno
l’altro: questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di
cuore, perché è mio dovere, come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio.
Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo il
Signore così mi ha insegnato. Ma anche voi, aiutateci: aiutatevi sempre. L’uno
verso l’altro. E così, aiutandoci ci faremo del bene. Ciascuno di noi pensi: ‘Io
davvero sono disposto a servire, ad aiutare l’altro?’. Pensiamo questo, soltanto.
E pensiamo che questo segno è una carezza che fa Gesù, perché Gesù è venuto
proprio per questo: per servire, per aiutarci. (papa Francesco)
Il silenzio di due persone sedute una accanto all’altra crea
un certo imbarazzo. Il silenzio di chi non confida in qualcuno inaridisce il
cuore e rischia di uccidere anche l’altro che resta escluso. Il silenzio dietro
una porta chiusa diventa pieno di incertezza, con domande insaziabili. Noi non
siamo fatti per restare soli, nemmeno nel dolore, nemmeno nella crisi più
profonda, nemmeno quando non si riesce a trovare nessuna risposta capace di
accendere percorsi di speranza, risposte capaci di riempire vuoti di alcuni
momenti della vita. Anche uno sguardo sereno e aperto diventa una parola
accogliente, una mano tesa capace di confortare, un abbraccio che rialza e fa
ripartire. A volte si vorrebbe essere piccolo gesto capace di aprire, parola
capace di riscaldare, sguardo capace di confortare; ma non si sa come. Si
cerca, ma non si sa dove. Si attende, ma non si sa da chi. Eppure sono numerose
le vie che, nella ferialità dei giorni, possono essere percorse, lasciando
segni profondi, pronunciando parole importanti, accendendo luce che consola. La
nostra vita quotidiana non è fatta di cose eccezionali, ma di cose semplici che
trovano significato e forza nel condividere, nel donarsi, nella capacità di generosità
e gratuità. Di cuori generosi, di gesti di servizio gratuito è piena la terra,
di uomini e donne che con perseveranza e fedeltà rendono bella e importante la
storia dell’umanità. Ogni giorno, in varie parti del mondo, si pronunciano
parole, si compiono gesti che non fanno tanto rumore, ma che sanno far
germogliare speranze a volte sopite, che raccontano esistenze sempre generose
nel dono. Siamo chiamati a camminare dentro il nostro tempo con
quell’asciugamano che Gesù, nell’ultima cena, ha usato con i dodici apostoli ma
che anche oggi usa con ciascuno di noi, per continuare a lavare e asciugare le
fatiche di questa umanità. Quell’asciugamano che racconta vite concrete,
impegnate dal bisogno di fraternità e solidarietà. Vite mature, adulte, che
hanno imparato a donare senza aspettare ritorni, mani aperte, capaci di
offrire, proteggere, custodire, sostenere, lasciare. Noi siamo fatti per vivere
fino all’ultimo respiro una vita gustosa, spezzata per la carità. Non siamo
fatti per accontentarci, ma per trovare quella felicità che nasce nel bene
degli altri, fino a farci sentire che proprio nella generosità siamo dei
privilegiati, provocandoci, per questo, ad essere degli instancabili generosi.
Essere essenziali è poter dire: “io sono un uomo per gli altri”. Se ciascuno si
dedicasse a questa attività, crescerebbe un’alta spiritualità dell’umanità.
Sarebbe bello, alla sera dei giorni che ci sono stati affidati, grati per la
vita, ritrovarci con in mano un asciugamano sgualcito, logoro, ma in pace con
noi stessi, con gli occhi e il cuore ancora alla ricerca di compiere un piccolo
gesto capace di dare speranza, di accendere sorrisi, di riscaldare cuori. Siamo
cristiani perché pronti sempre a ricominciare, perché convinti che solo la
forza dei piccoli gesti di carità è capace di cambiare il volto del mondo, è
capace di dare continuità al comando di Gesù: “come ho fatto io così fate anche
voi”.
don Delfino
Dio cerca asciugamani logori e non
profumati di naftalina