COME STELLE
I sapienti rifulgeranno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno educato molti alla giustizia risplenderanno come stelle per sempre. (Daniele 12, 3)
Nelle gelide notti invernali o in quelle limpide estive le stelle s’affacciano in cielo con tutto il loro scintillio. Nell’antichità classica alcuni, che condividevano le idee mistico-filosofiche del pensiero neopitagorico, contemplando la Via Lattea col suo miliardo di stelle, immaginavano che ciascun astro fosse l’anima di un giusto, trasformata in luce. È un po’ attingendo a questa idea che il passo da noi ora citato illustra la missione dei sapienti e dei maestri di giustizia nella storia e nella loro futura sorte presso Dio.
Ora, il libro di Daniele – che ha la curiosità di essere giunto a noi in parti scritte in lingue diverse (ebraico, aramaico, greco) – è un testo tutto intarsiato di visioni simboliche, di scene impressionistiche, di immagini apocalittiche, ed è stato composto per incoraggiare e sostenere gli Ebrei travolti dal turbine della persecuzione che nel II secolo a. C. il re siro-ellenistico Antioco IV Epifane aveva scatenato contro di loro. In quel periodo era sorto il movimento politico-religioso dei Maccabei, i cinque fratelli (tre faranno da capi) che avevano spinto gli Ebrei oppressi alla ribellione e alla conquista della libertà.
Il nostro passo acquista, allora, un valore particolare che potremmo sintetizzare nella parola “testimonianza”. Nel buio della prova si leva la luce dei maestri di verità e di giustizia che diventano una sorta di stella polare sulla quale gli altri si orientano. È un po’ la proposta che Gesù avanza per i suoi discepoli: «Voi siete la luce del mondo… Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini» (Matteo 5, 14.16). In questo il discepolo si modella su Cristo stesso che si era definito così: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8,12).
Stelle che brillano nel presente cupo, quindi; ma anche astri che sfavilleranno nel futuro storico, cioè nella memoria dei posteri. È questa la vera eredità da lasciare, l’essere stati maestri di vita il cui insegnamento non perisce, né si arrugginisce o è consumato, come invece accade per i beni materiali che si lasciano dietro di sé. Ma questa bella immagine del firmamento trapuntato di stelle si apre a un altro orizzonte. Oltre la testimonianza nel presente, oltre il ricordo nel futuro storico, il profeta Daniele fa balenare un ulteriore destino dei giusti.
È quello della gloria in Dio, nella sua eternità, nello splendore della sua luce, attraverso la comunione beata con lui. Infatti, in quel periodo si era fatta strada in Israele una fede nitida nell’immortalità beata e nella risurrezione finale. «Dopo che saremo morti, fedeli alle sue leggi, il Re del mondo ci risusciterà a vita nuova ed eterna»: così dirà ai suoi figli martiri la madre ebrea la cui vicenda è narrata nel Secondo Libro dei Maccabei (7,9). Il Libro della Sapienza, un secolo dopo, alle soglie del cristianesimo, confermerà questa speranza: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio… Agli occhi degli stolti sembrò che morissero…, ma la loro speranza è piena di immortalità» (3,1-2.4).
http://www.theologia.va/content/cultura/it/organico/cardinale-presidente/texts/famiglia-cristiana-articoli0/come-stelle.html?fbclid=IwAR1RdlDYYyzvZ320ahWyp9Gy00NGPp_zbIkZOH1oAmkczA_uo5UAtFX9iTE