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venerdì 28 maggio 2021
La leggenda dell’arcobaleno - nativi americani -
Sappiamo tutti che l'arcobaleno è un fenomeno ottico e meteorologico che produce luce quando il sole attraversa le gocce d’acqua, eppure per regalare un po’ di magia a questo straordinario spettacolo, raccontiamo la leggenda dell’arcobaleno tramandata dai nativi americani.
L’arcobaleno è un
fenomeno che ci meraviglia sempre, non importa quante volte l’abbiamo visto,
continueremo a rimanere incantati. Sono tantissime le leggende sulla sua
nascita, quella raccontata ai bambini è di solito il litigio tra i colori, noi
vogliamo raccontarvi quella tramandata dai nativi americani.
La leggenda dell’arcobaleno
Un giorno, madre
Terra e padre Sole andarono a fare visita a un ragazzo solitario che si
chiamava Atsosi Bagani.
“Devi prendere
moglie” disse la Terra.
“Andrai a cercare
moglie per un cammino ignoto agli uomini” aggiunse il Sole.
“Sposerai la
maggiore delle sorelle Dobedeklad, Quelle-che-il-sole-non-illumina. Abitano in
un pueblo. Gli uccelli le hanno imprigionate nelle tenebre, invidiosi della
loro bellezza: tu solo puoi liberarle. Per aiutarti, costruirò un passaggio tra
la tua capanna e il pueblo e trasformerò le ragazze e te, affinché gli uccelli
non vi riconoscano e vi uccidano a beccate”, continuò il Sole.
Così, emerse dalla
terra un arco gigantesco formato da strisce di colori brillanti, saliva molto
in alto nel cielo e scendeva in lontananza sulla terra. Quando Atsosi Bagani si
incamminò su questo ponte, fu trasformato in una farfalla, i cui colori si
confondevano con quelli dell’arcobaleno.
Gli uccelli non lo
notarono e l’uomo farfalla arrivò sul tetto di una grande casa e scese
attraverso un’apertura scura. Nella penombra, vide le due sorelle occupate a
tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi
ricordavano i fiumi e le montagne.
“Guarda, sorellina –
disse la maggiore – una farfalla si è posata in cima alla scala”.
La sorella minore,
molto eccitata, si precipitò verso la scala e un raggio di sole la sfiorò, la
maggiore cercò di trattenerla ma entrambe furono attratte dal potere magico dei
raggi solari. Sul tetto, la farfalla si trasformò nel giovane uomo.
“Il Sole mi ha
mandato a cercarvi, sarete mia moglie e mia sorella”.
Gli uccelli li
videro e si precipitarono su di loro con gridi stridenti, ma il Sole vegliava e
trasformava i giovani in delicate farfalle, così gli uccelli non riuscirono a
trovare i fuggitivi. Atsosi Bagani ritornò alla sua capanna e il Sole e la
Terra assistettero al matrimonio.
Il giovane continuò
a cacciare, mentre le due sorelle tessevano meravigliosi tappeti. Nella piccola
capanna illuminata dal sole, però, le due ragazze avevano nostalgia della loro
vecchia casa buia. Vedendole tristi, il Sole disse loro:
“Se lo desiderate
tanto, potrete rivedere la vostra cupa dimora, ma adesso gli uccelli sono
diventati diffidenti e dovete difendervi”.
Così prima di
trasformarle in farfalle, diede a ciascuna due grossi chicchi di
grandine. Quando gli uccelli le attaccarono, la sorella maggiore scagliò contro
di loro il primo chicco, che si tramutò in una grossa nube nera che avvolse gli
uccelli.
Le ragazze-farfalle
proseguirono il volo, ma presto gli uccelli le raggiunsero e queste dovettero
lanciare il secondo chicco di grandine, che si trasformò in una pioggia
scrosciante, poi il terzo, che si ruppe in migliaia di piccoli chicchi. Ma la
grandine finì e gli uccelli ripresero l’inseguimento. Il pueblo era in vista,
ma le farfalle non erano abbastanza veloci. Dovettero quindi lanciare l’ultimo
chicco, che infiammò il cielo di lampi e tuoni.
Gli uccelli
scapparono spaventati e le ragazze furono salve. Le sorelle tornarono da Atsosi
Bagani, ma ogni volta che sentivano nostalgia visitavano la loro vecchia casa.
Così, dopo ogni temporale, si forma un arcobaleno tra il pueblo e la capanna
del giovane, che riconcilia il mondo delle tenebre con il regno del Sole.
Dominella Trunfio
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A mia Madre
Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni e più la guardo
e più mi sembra bella.
Non ha un accento, un guardo, un riso
che non mi tocchi dolcemente il cuore.
Ah se fossi pittore, farei tutta la vita
il suo ritratto.
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca
e quando inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Ah se fosse un mio prego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore d’Urbino
il pennello divino per coronar di gloria
il suo bel volto.
Vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei
Vorrei veder me vecchio e lei…
dal sacrificio mio ringiovanita!
De Amicis