"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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mercoledì 27 novembre 2019

Arte che emoziona: dipinto Immaginetta Benedizione natalizia 2019 - Basilica S. Stefano - Sesto S.Giovanni -

Si può dire che l'opera di Arcabas rappresenta non la fuga, ma il ritorno dall'Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe (testi apocrifi). Dona voce al cuore e alla sensibilità. L'arte emoziona perché ridice, in forma sintetica e altamente estetica, il mistero racchiuso in quel Bambino che accoglie la missione affidatagli da Dio. Non sfuggono gesti come le braccia tese di Gesù verso la croce, l'atteggiamento del custodire di Maria, lo sguardo protettivo di Giuseppe...

La fonte evangelica 
L'evangelista Matteo scrive che «un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò…"» (Mt 2,13-15). E ancora Matteo c'informa che «morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele"…» (Mt 2,19-20). 
I testi apocrifi 
Un testo apocrifo intitolato Natività di Maria e Gesù riferisce che un angelo disse a Giuseppe: «Fuggi in Egitto per la via del deserto». Questa, dunque, è una delle fonti a cui generalmente fa riferimento l'iconografia. 
Ma l'iconografia ha anche un'altra fonte di riferimento, precisamente la tradizione copta (ossia quella degli egiziani rimasti cristiani dopo la conquista araba del VII sec.) che parla del ritorno della Santa Famiglia su un battello lungo le acque del Nilo. 
Si può allora dire che l'opera di Arcabas rappresenta non la fuga, ma il ritorno dall'Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe. Cerchiamo di interpretarla nei suoi molteplici significati. 
La meraviglia di Giuseppe 
Tutta la scena, che si staglia contro uno sfondo oro, evocazione della luce divina, è racchiusa in una imbarcazione. A prua Arcabas rappresenta la Santa Famiglia. Giuseppe, in piedi imponente, ha un atteggiamento protettivo nei confronti di Maria e del Bambino. 
Sul suo profilo spiccano due occhi. Con questo motivo pittorico l'artista intende dire che per capire le persone, i loro sentimenti, bisogna vederle bene in faccia, bisogna vederle con tutti e due gli occhi. 
In questo modo Arcabas ci lascia intuire lo stupore, la meraviglia di Giuseppe, l'uomo giusto che vive di fede. Stende la mano sinistra nel gesto dell'accoglienza: la croce d'oro e la colomba che gli stanno dinanzi e verso cui l'imbarcazione si dirige, gli dischiudono i grandi eventi della storia divina. Maria e il bambino 
Maria guarda anch'essa verso la croce e la colomba; sorregge il Bambino che allarga le braccia quasi a volerle accogliere e sorride. Si tratta di due simboli che alludono allo Spirito Santo e alla croce che, inondata di luce, richiama già la gloria della Risurrezione. 
Dietro a Giuseppe c'è un asino senza basto. Come scrive Giustino (filosofo cristiano del Il secolo) nella sua opera Dialogo con Tritone, questo animale è simbolo dei Gentili che avrebbero creduto in Gesù (cf cap. 53,4). Il richiamo all'arca di Noè 
A poppa un rematore fa avanzare la barca. Essa richiama l'arca di Noè che gli scrittori cristiani antichi considerano simbolo della Chiesa, luogo di salvezza. E si può fare un parallelo tra le acque del diluvio e quelle su cui naviga la barca della Santa Famiglia. 
L'apostolo Pietro stabilisce un parallelo tra l'acqua del diluvio e quella del Battesimo che salva (cf 1Pt 3,21). Gesù, «nuovo Noè», nell'acqua del Battesimo inaugura la «nuova creazione» e con la sua morte e risurrezione attua per ciascuno la promessa della vita eterna. 
La fuga in Egitto e il ritorno in patria di Gesù, Maria, Giuseppe 
Leggiamo il brano di Matteo 2,13-15, e soffermiamoci sulle parole dell'angelo e sulla prontezza di Giuseppe: «Prese il bambino e sua madre e fuggì in Egitto». 
Collochiamo il testo in Mt 2 ed evidenziamo atteggiamenti opposti: la ricerca sincera dei Magi che adorano nel Bambino Gesù l'inviato di Dio e il rifiuto del re Erode, un tiranno che teme quel Bambino perché ha paura di perdere il trono. 
Riflettiamo:  L'Egitto era stato per il popolo di Israele la terra della schiavitù, ma Dio, per mezzo di Mosè, lo aveva condotto libero nella terra promessa (si possono leggere brani dell' Esodo).  Gesù, come nuovo Mosè, soggiornò in Egitto «fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "dall'Egitto ho chiamato mio figlio"».  
La missione di Gesù, nuovo Mosè, è quella di liberare ogni uomo dal male profondo che è nel cuore: il peccato, per una vita piena e felice. 
Il ritorno dall'Egitto: l'opera di Arcabas ci fa vedere «oltre» l'evento 
L'opera d'arte a confronto con il testo evangelico presenta Giuseppe in azione per riportare la Famiglia in patria dopo l'avvertimento del secondo sogno (cf Mt 2,19- 23). 
Azione cattolica parma


Commento di Monsignore don Roberto Davanzo parroco della Basilica S. Stefano di Sesto S. Giovanni all’immagine scelta per queste benedizioni:Il Natale di Gesù: la decisione di Dio di venire a stare con l’uomo, affinché l’uomo decida di stare accanto al suo simileNon è proprio consueto che il Natale sia abbinato ad una immagine che parla più di paura che di serenità, di angoscia piuttosto che di tenerezza. La retorica commerciale ci ha ormai resi avvezzi ad un “vogliamoci bene” tanto stucchevole quanto falso. Già, perché non è vero che dopo 2000 anni l’umanità abbia imparato a volersi più bene, non è vero che il dolore sia stato cancellato. Racconta un antico apologo della spiritualità ebraica che un giorno un discepolo irruppe nella stanza del proprio rabbi per annunciargli con entusiasmo che era venuto il Messia. Il rabbi aprì la finestra, guardò fuori e poi rivolgendosi al discepolo gli disse con amarezza: “Vedo ancora gente che è stremata dalla fatica, uomini e donne sfruttati, potenti corrotti che rendono il mondo sempre più ingiusto, … No, il Messia non è ancora arrivato. Lo dobbiamo ancora aspettare”A noi cristiani invece il Natale di Gesù chiede di credere all’incredibile. Che malgrado le apparenze, un seme di novità e di giustizia è stato piantato nella terra insanguinata dell’uomo. E che tale seme, tale germoglio di speranza consiste nell’evento inimmaginabile di un Dio che i cieli non possono contenere e che si “restringe” fino a farsi piccolo come un bambino. Un Dio che non disdegna di sperimentare alcuna vicenda umana, come la persecuzione immotivata, la fuga dalla propria terra, l’ansia di essere migrante, straniero, profugo. E’ di questo che parla l’immagine che abbiamo scelto di distribuire in occasione delle benedizioni delle case. In queste settimane stiamo bussando alle porte della parrocchia per portare un saluto, un augurio, una preghiera e ricordare anche ai concittadini meno attenti che dopo il Natale di Gesù nulla è stato più come prima. L’immagine ci parla di una speranza che trova la sua radice non in un esercizio di forza e di potenza, ma semmai in un esercizio di condivisione, di solidarietà, di prossimità. Questo è il Natale di Gesù: la decisione di Dio di venire a stare con l’uomo, affinché l’uomo decida di stare accanto al suo simile. Accogliere il mistero del Natale significa diventare seminatori di speranza facendoci sempre più vicini a chi ci sta accanto. Senza la pretesa di guarire tutte le sue ferite e di asciugare tutte le sue lacrime, ma offrendo un cuore che vede, un cuore capace di compassione. Ma – come dicevo – bisogna decidere, bisogna mettere in gioco la propria libertà nel lasciarsi affascinare dalle sorprese di Dio. Erode non lo fece e la sua follia portò alla strage degli innocenti per scappare dalla quale la Sacra Famiglia fu costretta a fuggire in Egitto. Pensiamo solo per un istante a quale grande potere abbiamo tra le mani: accogliere Gesù per diventare seminatori di speranza o rifiutarlo e diffondere indifferenza o ostilità. Il Natale è e sarà anche questo. Buon Natale a tutti! Don Roberto Davanzo

Commento di don Bortolo
E' un'immagine che accompagna il nostro cammino d’Avvento:“La fuga in Egitto”, opera dell’artista francese Arcabas. L’episodio evangelico è noto: un angelo avverte in sogno Giuseppe che Erode intende uccidere il bambino e gli ordina di fuggire in Egitto (Mt 2,13-15). La sacra famiglia è raffigurata su una barca, mentre solca il mare, simbolo del caos e della morte, in una notte rischiarata dalla luce dello Spirito. Molte barche, ancora oggi, solcano il mare cariche di gente in cerca di speranza e di futuro. Il viaggio è al contrario: non più verso l’Egitto ma verso l’Europa. Non c’è tuttavia la fuga solo dei migranti: ci sono le nostre fughe da situazioni difficili e da tensioni logoranti e i nostri viaggi verso una maggiore comunione nelle nostre famiglie e nella società, una più grande accoglienza dell’altro, chiunque esso sia, dal vicino di casa allo straniero, un futuro promettente per tutti. C’è un viaggio anche alla ricerca di Dio che, forse, abbiamo un po’ perso di vista o che poco ha a che fare con la vita ordinaria. Vorremo avere, in questo Avvento, lo stesso sguardo di Giuseppe, uno sguardo illuminato da Dio, che sa vedere oltre le paure, oltre le barriere, oltre le divisioni. Sa riconoscere la meta, seppure confusa nella nebbia o distante all’orizzonte. Vorremo approdare ad un Natale di consolazione. don Bortolo
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Voyez - dit Joseph - cette colombe qui vient à nous l’âne dresse l’oreille Marie se réjouit dans l’arche l’enfant bat des mains
Vedi - disse Giuseppe - questa colomba che ci viene incontro l'asino alza l'orecchio Maria si rallegra nell'arca il bambino batte le mani.

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