"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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martedì 29 marzo 2011

Riflessione della Quarta Domenica di Quaresima ambrosiana A (del cieco nato) Gv 9,1-41


Il racconto evangelico è affollato di personaggi. E questi personaggi rappresentano diversi atteggiamenti esistenziali e morali: si potrebbe anche dire: diverse categorie dello spirito.
Ci sono i genitori del cieco. Che cosa rappresentano?
Per il modo con cui si comportano rappresentano la paura, una paura che arriva a tradire anche i legami del sangue.
Ci sono i discepoli. Che cosa rappresentano?
I discepoli, con la loro domanda, sono invece immagine di tutti coloro che si pongono davanti ai problemi umani non con il coinvolgimento della pietà, ma con un interesse solo intellettuale, disposti cioè a dissertare e a teorizzare, non altrettanto a soccorrere.
Ci sono i farisei. Che cosa rappresentano?
Rappresentano l'ufficialità, la tradizione, la legge. Rappresentano tutti quelli per i quali prima viene la legge, poi l'uomo; prima la propria visione religiosa, poi la verità.
Ma fissiamo ora l'attenzione sul cieco.
E’ un cieco dalla nascita, costretto per sopravvivere a mendicare.
Non conosceva la bellezza della luce, la poesia dei colori, il gioco delle forme, il sorriso dei volti, ma della vita conosceva tante verità che chi vede può ignorare.
Sapeva che chi soffre, spesso è anche emarginato e che chi è emarginato sente pesare su di sé anche un rifiuto di ordine morale, un giudizio di condanna.
E’ la solitudine più radicale: non solo fisica, ma anche morale.
Il cieco rappresenta tutti gli appestati di questo mondo che non trovano comprensione nelle istituzioni e neppure, molto spesso, nelle loro famiglie.
Un sacerdote molto provato dalla malattia andava ripetendo: «Sapevo che Dio è mistero, ma non sapevo che è un mistero così grande ».
«Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12) ha detto Gesù. Non è un'affermazione astratta. E’una parola che si incarna e prende evidenza in gesti precisi, che sono una celebrazione della luce.
Il primo gesto è quello di vedere il cieco: «Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita ».
Gesù vede quello che gli altri non vedono o, se vedono, è come se non vedessero.
Il vedere di Gesù è un vedere responsabile, un vedere con gli occhi ma più ancora con il cuore. E quando i discepoli chiedono spiegazione, non risponde alla loro domanda.
I discepoli pongono un perché e Gesù, questo perché, lo converte in un affinché: affinché «si manifestassero in lui le opere di Dio ».
A che serve cercare le cause, fermarsi al passato, domandarsi chi ha peccato? Ciò che conta è invece domandarsi: «Che cosa posso fare per quest'uomo?». Ciò che conta è agire. E Gesù agisce: «Fece del fango.». E’ qualcosa che richiama il fango della creazione. Qui avviene un fatto creativo, il fiat lux della creazione.
E dopo il miracolo Gesù offre al cieco una salvezza più grande quando, incontrandolo una seconda volta, gli fa capire che in quel miracolo e in chi l'aveva compiuto c'era la manifestazione della presenza misericordiosa di Dio.
E’ attraverso questi gesti che Gesù si rivela come luce. E’ luce perché è la presenza di Dio che si mette dalla parte dell'uomo desolato. E’ luce perché pone il valore dell'uomo al di sopra della legge stessa. E’ luce perché è amore.
Gesù è luce capace di illuminare anche quel mistero ultimo della vita umana che è la morte. E, questa luce, Gesù la offre a tutti, al cieco, ai suoi genitori, ai discepoli, anche ai farisei.
Ma qui si crea una profonda contrapposizione tra quelli che accolgono la luce e quelli che la rifiutano.
Se la luce è amore, la possono accogliere solo quelli che sono disponibili ad amare.
Perché i farisei non sono entrati nel fascio di questa luce?
Perché mancavano di amore. Chi non vede il fratello che soffre, non può neppure vedere Dio che si fa trovare presso chi soffre, non può entrare nella sua luce.
Ateo vero, per Giovanni, è colui che non sa amare.
Che non succeda anche a noi, che ci diciamo credenti, di essere in realtà atei, perché privi di amore e quindi della luce di Dio.
Per non correre questo pericolo bisogna smantellare le nostre posizioni di orgoglio, l'alto concetto che spesso abbiamo di noi stessi, quel senso di superiorità che ci tiene separati dagli altri, mentre è importante avere occhi per chi si trova ai margini delle strade degli uomini, ai margini della vita: è lì che ci sarà dato di vedere le «opere di Dio».
(Pozzoli)

VANGELO SEC. GIOVANNI 9,1-41

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «E’ lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va' a Sìloe e làvati!". lo sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «E’ un profeta!».
Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «E’ questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».
Bibbia CEI 2008

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