"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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giovedì 31 gennaio 2013

La vita è come un viaggio in treno

IL TRENO DELLA VITA
La vita è come un viaggio in treno:
Spesso si sale e si scende,
ci sono incidenti,
a qualche fermata
ci sono delle sorprese piacevoli
e a qualcun'altra profonda tristezza.
Quando nasciamo e saliamo sul treno,
incontriamo persone,
in cui crediamo,
che ci accompagneranno
durante buona parte del nostro viaggio:
i nostri genitori.
Capita spesso che loro
scendano in una stazione prima di noi
lasciandoci un grande vuoto
in termini di amore e affetto,
senza più la loro amicizia e compagnia.
Ma altre persone saliranno sul treno;
e qualcuna sarà per noi molto
importante,
i nostri amici e tutte le
persone meravigliose che amiamo,
e qualcuna di queste persone
che sale,
considera il viaggio come una breve passeggiata.
Altri trovano,
invece, una grande tristezza nel loro viaggio.
E poi ci sono altri ancora,
sul treno, sempre presenti e sempre
pronti ad aiutare coloro che ne hanno bisogno,
qualcuno lascia,
quando scende,
una nostalgia perenne...
Ci sorprende che qualcuno dei passeggeri,
a cui vogliamo più bene,
si segga in un altro vagone e che in questo frangente
ci faccia fare il viaggio da soli.
Allora facciamo in modo di trovarlo
spingendoci alla sua ricerca
negli altri vagoni del treno.
Purtroppo, qualche volta,
non possiamo accomodarci al suo fianco,
perché il posto vicino è già occupato.
Così è il viaggio:
pieno di sfide, sogni,
fantasie, speranze e addii...
Cerchiamo di compiere il nostro viaggio
nel miglior modo possibile.
A tutti coloro, che fanno parte del "mio treno"
auguro...BUON VIAGGIO

mercoledì 30 gennaio 2013

Sappi di non essere nel vero...



Nei mille impegni di un giorno,
non dimenticare mai d'osservarti,
e quando la sera appoggerai stanco
il volto sul guanciale,
non dimenticare mai
di giudicare il tuo operato,
se tutto ti apparirà come giusta cosa,
sappi di non essere nel vero.
L'uomo giusto
è sempre il primo giudice
di se stesso ed è anche sentenza.

(Cleonice Parisi)

lunedì 28 gennaio 2013

La porte si aprono...



"Le porte si aprono a volte
dove meno te lo aspetti
e dove non lo avresti
ritenuto possibile."

Simona Barè Neighbors

29, 30, 31 gennaio: i tre giorni detti della merla



La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell'onda del tempo. Sappiamo solo che erano gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, e in quei dì capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città.
I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti. Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante. Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola.
Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po' di tepore. Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti: erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine. Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola. Gli ultimi tre giorni di gennaio, di solito i più freddi, furono detti i «trii dì de la merla» per ricordare l'avventura di questa famigliola di merli.
Da paroledautore.net
Giorni della merla, significato in sintesi:
Il significato della locuzione “giorni della merla’ non è ben chiaro. In ogni caso sappiamo che con questo termine ci si riferisce ai tre giorni che si ritengono i più freddi dell’anno, ma come mai si parla di una merla?
Per spiegare meglio il significato di questa espressione pare che si debba ricorrere ad una leggenda secondo cui nei giorni più freddi dell’anno una merla con i suoi pulcini si rifugiò in un comignolo dal quale il primo giorno di febbraio emersero tutti grigi a causa della fuliggine. Secondo questa tradizione popolare da quel momento in poi tutti i merli femmina e i suoi piccoli sono grigi.
Nella realtà le femmine di merlo hanno un piumaggio bruno/grigio e il becco è dello stesso colore, mentre il merlo maschio si distingue per il manto nero brillante e per il becco giallo-arancione.
Il merlo è un uccello che tende a non migrare e a rimanere in Italia tutto l’anno anche per trascorrere l’inverno.

giovedì 17 gennaio 2013

La pioggia non è brutta




Alcuni dicono
che la pioggia è brutta,
ma non sanno che permette
di girare a testa alta
con il viso coperto dalle lacrime.
( J. Morrison)

mercoledì 16 gennaio 2013

Cosa costa un miracolo?



C’è ancora qualcuno che danza

Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l’amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.
Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: “Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo”.
La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito.
Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.
“Per cos’è? Che cosa vuoi piccola?”.
“È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo”.
“Che cosa dici?” borbottò il farmacista.
“Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c’è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo”.
Il farmacista accennò un sorriso triste.
“Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli”.
“Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?”.
C’era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall’aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione.
Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine. L’uomo si avvicinò a lei.
“Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?”.
“Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un’operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho”.
“Quanto hai?”.
“Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete….” Aggiunse con un filo di voce, “posso trovare ancora qualcosa….”.
L’uomo sorrise “Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!”. Con una mano raccolse la piccola somma e con l’altra prese dolcemente la manina della bambina.
“Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno”.
Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano.
Quell’uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che poté tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.
“Questa operazione” mormorò la mamma “è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…”.
La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l’amore e la fede di una bambina.

Se aveste almeno una fede piccola come un granello di senape, potreste dire a questo monte: “Spostati da qui a là e il monte si sposterà”. Niente sarà impossibile per voi (Matteo 17,20).

(Questo articolo fa parte di una rassegna di scritti di Don Bruno Ferrero).

Miracolo?



Ci sono due modi di vivere la vita.

Uno è pensare che niente è un miracolo.

L'altro è pensare che ogni cosa è un miracolo.

(Albert Einstein)

martedì 15 gennaio 2013

La fede è un intreccio



La fede è un intreccio di luce e di tenebra:
possiede abbastanza splendore per ammettere,
abbastanza oscurità per rifiutare,
abbastanza ragioni per obiettare,
abbastanza luce
per sopportare il buio che c'è in essa,
abbastanza speranza
per contrastare la dispersione,
abbastanza amore
per tollerare la sua solitudine
e le sue mortificazioni.
Se non avete che luce,
vi limitate all'evidenza;
se non avete che oscurità,
siete immersi nell'ignoto.

Louis Evely

lunedì 14 gennaio 2013

Il resto è pioggia



Un bacio leggero,
una stretta di mano,
la testa che si svuota in un addio.

Poi ci lasciamo
evitando un abbraccio,
trasformando le lacrime
in un impercettibile sorriso
e poi si va cambiando direzione

Il resto è pioggia
in una notte da dimenticare.

-Abner Rossi -
(amorosi pensieri) 08 / 01 / 2013

Ho un debole...



"Ho un debole per le persone
che hanno cicatrici nascoste
dietro un sorriso,
per chi apre le braccia al futuro
pur avendo conti
in sospeso con il passato,
per chi avrebbe
il diritto di urlare contro
e invece sussurra serenità.
Ho un debole per gli animi rotti
ma portatori sani di positività."


(Michelangelo Da Pisa)

sabato 12 gennaio 2013

Emozione



Cosa si prova
quando una voce che ami
e che da 20 giorni
è velata nella camera di rianimazione 
ieri sera ti dice:
"Ciao Enrica, buona notte"?

Una emozione che dovevo condividere con voi
...il resto è in mano al Signore...

giovedì 10 gennaio 2013

Capita anche a me




….e penso!
Sì ogni tanto capita anche a me!
Cado anch’io in questo strano vortice
dal quale si esce sconvolti!
Penso a quante cose negative 
stanno succedendo in questi giorni!
E aspetto…la luce che tarda a venire…

martedì 8 gennaio 2013

Il Riccio


E' un Mammifero appartenente all'Ordine degli Insettivori, Famiglia Erinaceidi. È diffuso in tutta l'Europa e in gran parte dell'Asia settentrionale; vive nella macchia e nei boschi sia in pianura che in montagna al di sotto dei 1600m, e si può trovare anche in campi, praterie e giardini.
È lungo una trentina di centimetri, di cui due o tre spettano alla coda; ha il capo largo ed il muso piccolo e appuntito, gli occhi sono piccoli e scuri, le orecchie sono larghe, corte e arrotondate. Il tronco è tozzo, sostenuto da zampe brevi, con lunghe dita armate di robusti artigli. Le parti dorsali, dalla fronte alla coda, e i fianchi sono ricoperti da aculei (che sono peli modificati) brevi (2-3 cm) e duri, di colore grigio con l'apice biancastro; le parti inferiori sono invece rivestite di peli brunastri. La femmina è più grande del maschio.
Di indole poco socievole, ha abitudini crepuscolari e notturne, mentre durante il giorno si nasconde nella propria tana di paglia e foglie, situata nelle cavità dei tronchi, sotto le rocce o nei cespugli. Procede sul terreno lentamente, esplorando e fiutando qualsiasi oggetto che incontra: la vista è poco sviluppata, mentre ha un udito ed un olfatto finissimi, riuscendo addirittura a sentire gli insetti muoversi sotto terra. Caratteristico è il suo modo di difendersi: al minimo rumore sospetto l'animale fa un salto sulle quattro zampe per colpire con gli aculei qualsiasi cosa si trovi vicino. Dopo di che si appallottola stretto, nascondendo capo e zampe, trasformandosi in una sfera spinosa difficilmente attaccabile; adotta la stessa tattica anche quando gli succede di cadere da un muro o di scivolare lungo un pendio: in tal modo evita di ferirsi.
La sua dentatura è completa, formata da 44 denti aguzzi e taglienti, ed è particolarmente adatta a triturare gli insetti.
Oltre a questi si ciba di molluschi, lombrichi, ranocchie, lucertole, piccoli mammiferi, nidiacei e anche frutti; si dice che sia un abile cacciatore di vipere, che afferra per il collo rompendo loro la colonna vertebrale. Alcuni affermano che il riccio è immune dal veleno delle vipere, in realtà è solo molto abile a difendersi dal loro morso velenoso.
I ricci sono essenzialmente creature solitarie, eccettuato il periodo dell'accoppiamento il cui rituale può durare anche diverse ore. La femmina partorisce tra aprile e settembre 4 o 5 piccoli che nascono con la pelle chiara e delle macchioline, in corrispondenza delle quali crescono poi gli aculei che all'inizio sono interamente bianchi, radi e morbidi; dopo circa sei settimane essi sono completamente indipendenti.
Nei paesi freddi va in letargo quando la temperatura scende al di sotto dei 10°C, mentre in quelli a clima temperato può restare attivo per tutto l'anno. Durante l'ibernazione diventa insensibile ed è difficile svegliarlo.
Tra i pochi predatori che possono ucciderlo c'è la volpe, che riesce a fargli lasciare la posizione di difesa colpendolo nell'unico punto vulnerabile, il naso. Tuttavia è il freddo a causare il maggior numero di morti; inoltre sono numerosi i ricci che vengono travolti dalle ruote dei veicoli durante la notte, perché essi apprezzano molto la facilità di procedere sulle strade.
Caratteristici parassiti del riccio sono le pulci, più grandi di quelle dei gatti, e anche le zecche; forse legata alla presenza di questi parassiti, è una curiosa abitudine del riccio: quando si imbatte in qualcosa che ha un sapore o un odore nuovo o insolito, dopo averlo "assaggiato", esso produce una abbondante schiuma per ipersalivazione, e poi se ne cosparge il dorso. Se ne cosparge il dorso. Secondo alcuni servirebbe ad allontanare i parassiti, secondo altri permetterebbe all’animale di accumulare tossine sugli aculei, rendendoli "velenosi".
Lo sapevate che...
In alcuni Paesi la carne del riccio è considerata una leccornia, un tempo era assai diffuso in Spagna, dove divenne tradizionale durante la Quaresima.
http://www.naturamediterraneo.com/riccio/

questa foto l'ho scattata nel giardino della Comunità psichiatrica

giovedì 3 gennaio 2013

Re Magi, oro, incenso, mirra (semplice spiegazione)

- affresco del Pordenone - l'Adorazione dei Magi - Basilica Santa Maria di Campagna-Piacenza- Cappella della Natività o dei Magi.

I tre re Magi chi sono realmente? Sono re? Sono tre?

Cerchiamo di superare la tradizione ed andare alla verità teologica.
Anzitutto i re magi non sono tre.
Il Vangelo ci dice alcuni e il numero é stato sempre vario, da due a dodici.
Poi, nel medioevo, fu stabilito che erano tre, fu attribuito anche il nome prendendolo dagli apocrifi: Gaspare, Baldassarre e Melchiorre e in un clima di "par condicio" ne fu rappresentato uno bianco, uno nero e uno giallo.
Nel vangelo non si dice che fossero re, ma re li fecero divenire, forse riferendosi al Salmo 72 che dice: "Verranno i re degli arabi e di Saba e porteranno oro, incenso, ...".
La motivazione di questa elezione a re potrebbe essere anche umana: dato che il Vangelo in questa festa presenta un re cattivo, ne sono presentati altri tre buoni che portano doni.
Svelato il significato dello status di re, vediamo ora di comprendere la natura dei Magi. Che significa Magi?
Deriva dal greco Magoi e fa riferimento a "mago". Erano degli astrologi. Se ne cerchiamo il significato nel dizionario esegetico il magoi, il Magio diremmo, è un sacerdote persiano che consultava le stelle e interpretava i sogni, una specie di mago attuale. Avevano la capacità di leggere le stelle, infatti, loro hanno visto il segno del Messia. Anche questa stella che loro vedono, la stella cometa, la inserisce Giotto. Nella realtà si tratta di una congiunzione astrale, almeno così dice una delle teorie elaborate: é la congiunzione tra Giove e Saturno nel segno dei pesci che si verifica ogni 258 anni. Questa era la congiunzione del Messia.
Questi astrologi, questi Magi che sapevano leggere le stelle vedono questo allineamento di pianeti, vedono questa luce e si mettono in cammino alla ricerca del Messia…
Il primo catechismo, la Didaché, proibiva le attività magiche, le attività dell'astrologia e le equiparava all'aborto e al furto. Nel Talmud infatti sta scritto: "Sia condannato a morte chi impara qualcosa dai maghi."
I Magi cosa portano?
Oro, incenso e mirra. Sono tre doni dal significato simbolico (oro per la regalità del Bambino nato; incenso a ricordare la sua divinità; mirra, usata per la mummificazione, per parlarci del sacrificio e della morte dell'uomo Gesù),
Cosa significa dal punto di vista teologico?
Oro significa che questo bambino é Dio, é re, allora ai re si offriva l'oro.
Incenso: l'incenso lo potevano offrire soltanto i sacerdoti nel tempio e Israele si vantava di essere il popolo sacerdotale, il popolo che poteva offrire l'incenso.
Matteo facendo dare l'incenso dai pagani dice "Israele hai smesso di essere il popolo sacerdotale. Adesso il popolo sacerdotale è il popolo di quanti riconoscono che Gesù è il Signore, il Messia, il Re.
Quindi tutte le nazioni, diremmo tutti i battezzati, tutti diventiamo popolo sacerdotale con il battesimo, tutti siamo abilitati a questo sacerdozio, non tanto a quello ministeriale quanto a quello battesimale, poter comunicare, poter portare Dio.
Mirra: come detto nell’introduzione la mirra era un olio che aveva due utilizzi particolari: serviva per ungere la sposa in preparazione alle nozze e per la guarigione dai dolori.
La regina Ester nel suo libro che leggiamo nella Bibbia diceva che già sei mesi prima delle nozze cominciava ad ungere il suo corpo con mirra per sensibilizzare, impregnare la pelle. Teologicamente la mirra significa questo: da sempre Israele é la sposa di Dio ma, portando degli stranieri mirra al cospetto del bambino tutti i popoli, tutte le nazioni, tutti coloro che riconoscono in Gesù il Signore, il Messia, il Re, il Salvatore diventano sposa di Dio. Per questo noi tante volte diciamo che la Chiesa è sposa di Cristo, sposa di Dio.
Ma dal punto di vista esistenziale cosa significano oro, incenso e mirra?
Anche noi come questi tre personaggi, questi tre Magi dobbiamo portare oro, incenso e mirra.
A chi? Al Signore che si trova nel fratello e nella sorella.
Questo significa oro, incenso e mirra nella nostra vita.
(da una omelia di Padre Giuseppe Galliano MSC)

Oro, incenso e mirra, se leggete le iscrizioni egizie, erano anche i doni che si offrivano al figlio del Faraone: l’oro veniva donato come augurio per la nascita del figlio del faraone, oro perché “tu faraone sei prezioso per noi”; l’incenso perché il figlio del faraone era profumo in mezzo al suo popolo; la mirra perché la sua presenza leniva il dolore.