"io sono qui per continuare ad imparare"

Una frase, un ringraziamento, un pensiero, una poesia, una nota citazione, una preghiera, una testimonianza che trattano i temi fondamentali della vita (che chiamerò "riflessioni") possono, qualche volta, tracciare un solco positivo nel cuore e in alcuni casi diventare motivo di stimolo, speranza, conforto, sostegno. Se alle mie "riflessioni" aggiungerete le vostre, condivideremo anche con altri qualche prezioso suggerimento, come meditazione sulla realtà del vivere quotidiano.


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lunedì 29 novembre 2010

Riflessione per la Quarta Domenica di Avvento A Mt 21, 1-9 (rito ambrosiano)

Gesù, sulla strada verso Gerusalemme, incarna un uomo che non si metta in fuga, ma che si immerge nella comunità degli uomini, pienamente partecipe della loro storia e della loro cultura.
Attorno a lui tutta la realtà viene convocata e risponde come a un appuntamento fondamentale.
Il mondo animale è rappresentato da un asina e un puledro che porta in groppa Gesù.
Il mondo vegetale dalle fronde degli alberi (è un particolare presente negli altri vangeli sinottici) che dopo essere state tagliate nei campi, vengono gettate sulla strada al suo passaggio.
Il mondo del lavoro e la dimensione della cultura vengono evocati dai mantelli che con le fronde creano sulla strada un tappeto di onore.
La terra è collegata col cielo attraverso il canto intonato dalla folla: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore. / Osanna nel più alto dei cieli!
 In questa sacra rappresentazione che ci ha dato Matteo è Gesù il centro vivente verso cui tutto converge.
C'è da chiedersi perché mai Gesù sia in possesso di tale forza di attrazione e di coesione.
Come si spiega il suo forte magnetismo che faceva accorrere la gente come se in città stesse per entrare un comandante reduce da una spedizione vittoriosa?
Apparentemente non c'è spiegazione.
Gesù manca di quei requisiti che sono segni di potere e di autorità.
Non ha né il piglio del tribuno né lo sguardo del dominatore.
E non dispone di una guardia del corpo.
Anche come inviato da Dio, non ha nulla che possa evocare l'immagine tradizionale di Dio.
Gesù entra in città disarmato, inerme, fragile della stessa fragilità che aveva rivelato nascendo a Betlemme.
Tra Betlemme e Gerusalemme corre una linea di fedeltà e di coerenza.
Paradossalmente proprio la mitezza, la fragilità, la povertà di Gesù esercitano un fascino straordinario in grado di accendere nei cuori semplici un fervore di gioiosa adesione perché propongono un altro volto di Dio.

In tempi come i nostri in cui a dominare sono le categorie del guadagno e dell'utile, del dare e dell'avere, del potere e del dominio, della forza e della sopraffazione, non dovrebbe essere difficile lasciarsi conquistare dal fascino della gratuità e dell'amore.
Gesù non ci conduce su percorsi lontano dalle asprezze della vita, ma ci conduce dentro la città, là dove pulsa la vita degli uomini, per redimere la nostra società con una logica diversa da quella dominante.
Ed è come se ci dicesse: vedi anche quanta gente è pronta a trasalire di gioia non appena vede una testimonianza di mitezza e di donazione puramente gratuita.
Come discepoli di Cristo dovremmo entrare in questo campo magnetico della grazia e godere nell'esprimere anche noi, attraverso gesti di mitezza e di donazione, la bellezza della bontà.

«Quale bellezza salverà il mondo?», si è chiesto un giorno Dostoevskij.
La risposta la possiamo trovare contemplando la scena del vangelo.
E’ la bellezza di una presenza umile, silenziosa e premurosa che sembra sprecata e inutile in un mondo cinico e violento, ma che è capace di irradiare fiducia e speranza perché in questi gesti nascosti già palpita la luce della risurrezione.
(Pozzoli)

Dopo solo sei giorni Gesù, abbandonato da tutti, fuorché da Maria e da pochi intimi,
non entrava, ma usciva da Gerusalemme;
non su cavalcatura ma a piedi,
non portato, ma portando la croce;
non applaudito, ma coperto d'insulti.

Così va il mondo: oggi grida: Viva! Osanna! e domani: A morte!

Andiamo incontro al Natale di Cristo riscoprendo i valori della festa, della gratuità, della speranza, dell'amicizía, della libertà, dell'amore.

VANGELO SEC. MATTEO 21,1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”».
Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma.
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
(Bibbia CEI 2008)

Preghiera per la Quarta Domenica di Avvento A - Mt 21,1-9 (rito ambrosiano)

Signore Gesù,
che di Dio sei l'immagine più vera,
vieni a noi con il volto della mitezza e della pietà.
Invece di dimostrare la tua potenza,
ti affidi come un mendicante alle nostre povere mani.
Per riscattarci dalle nostre paure,
chiedi silenziosamente ospitalità
al nostro povero cuore.
La tua presenza misericordiosa,
umile e dolcissima,
meriterebbe di essere accolta
con il plauso della più fervida esultanza.
Ma chi è capace di apprezzare e di lodare
il tuo passo silenzioso e discreto
quando ti accosti a ciascuno di noi
per dirci: “Io ho bisogno di te”?
Ci manca - lo sappiamo –
la fede semplice dei santi.
Ma tu, o Signore, che ami non solo la nostra santità
ma anche le faticose lentezze della nostra mediocrità,
tu che sai raccogliere perfino il grido delle pietre,
ascolta anche il nostro cuore di pietra!
Perciò, se le nostre labbra rimangono mute,
salga a te la voce dal nostro essere più profondo,
dalla tristezza di non essere santi.
C'è in noi - lo sentiamo - un grido segreto
di invocazione e d'attesa, di lode e di speranza,
e tu, siamo certi, lo vorrai ascoltare. Amen.
(Pozzoli)

VANGELO SEC. MATTEO 21,1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”».
Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma.
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
Bibbia CEI 2008

mercoledì 24 novembre 2010

Riflessione Terza Domenica di Avvento A (rito ambrosiano) Mt 11,2-15

Anche questa domenica, come la precedente, è segnata dalla figura del Battista.
Ma ormai, accanto a lui, campeggia il Cristo, «colui che doveva venire», il Salvatore.
Giovanni Battista ci viene proposto come modello nel nostro cammino incontro a Gesù.
Il suo stile di vita, la sua predicazione, il suo rigore e la sua mortificazione favoriscono il nostro cammino verso il Messia Gesù.
Il Battista, non ha vissuto gli eventi "tanto per provare, non ha condotto un'esistenza "in prova”, oggi così di moda, per la quale si fanno esperienze anche intense, ma non si aspira a legami stabili;
il Battista è modello di chi s'impegna totalmente scegliendo di vivere per Dio ogni istante, offrendo il massimo delle proprie risorse umane.
Egli si è legato al suo Dio da sempre, lo ha cercato nel deserto, lo ha sentito incredibilmente vicino e ha creduto di riconoscerlo presente in un misterioso Gesù, venuto a farsi battezzare da lui.

Quando però resta solo nel buio della fortezza di Macheronte, sente il cuore assalito da un oscuro terrore: si è forse sbagliato nei confronti di colui che ha additato come l'agnello di Dio?
Ma la fede di Giovanni è più grande del suo dubbio.
Essa traspare nel fatto che invece di mettere in discussione l'atteso - pur di difendere, come al contrario fanno molti. le proprie aspettative - è disponibile a rivedere anche il modo con cui aveva immaginato lo stile dell'agire divino e manda un'ambasceria da Gesù, chiedendo luce e aiuto per capire.
Giovanni, la voce che indicava la strada, diventa ancor più povero, facendosi soltanto domanda, divenendo l'invocazione sincera che sola può superare il dubbio:
In questo contesto possiamo ulteriormente comprendere come la fede di Giovanni sia stata attraversata dalla prova, così come è anche per i discepoli di Gesù.
Giovanni, che non a caso in questo tempo ci accompagna robustamente verso Natale, manda i suoi discepoli da Gesù a chiedergli:
"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?".

E' la domanda di questo tempo di Avvento; ma è anche la domanda di ogni giorno dell'uomo religioso e dell'uomo che ha a cuore le sorti del mondo.
Lo chiediamo alla parola del Signore, come quei discepoli di Giovanni lo chiesero a Gesù. L'evangelista scrive che i discepoli di Giovanni furono accolti dal profeta di Nazaret che non mancò di dare loro la risposta: "Andate e riferite a Giovanni quello che voi udite e vedete; i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi fiacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella".
Gesù, riprendendo le parole del profeta Isaia, manda a dire a Giovanni che quella profezia si è compiuta; non è più solo un sogno, è già realtà.
Attraverso la sua persona che cammina in mezzo agli uomini, la profezia di Isaia ha iniziato il suo definitivo compimento.

Non è forse questa, anche oggi, la strada per uscire delle nostre crisi di fede: diventare domanda, farsi supplica insistente e fiduciosa davanti a Dio?
Dalle crisi, dai dubbi, dalla tiepidezza, si esce soltanto perseverando nella preghiera, nel saper attendere con costanza e fiducia i tempi e i modi con i quali Dio vorrà risponderci.
Questo brano del vangelo ci propone la figura del profeta prigioniero che non si confeziona una risposta secondo le proprie idee e i propri desideri;
umilmente egli chiede luce e Gesù gli fa sapere che «ai poveri è predicata la buona novella».
In questa parola vi è un lieto annunzio che riguarda chi come il Battista, si fa povero e si svuota anche dei propri progetti per accogliere la volontà di Dio.
Giovanni è il vero povero che ha camminato nella pazienza e nella fede e perciò egli non si scandalizza di Gesù - anche se gli appare tanto diverso da quel Messia, giudice inesorabile, che si era immaginato-, ma sa riformare le proprie attese sul venire di Dio, approfondendo così la propria speranza.
Così la grandezza di Giovanni è raggiungibile proprio da chi nella fede si fa piccolo per lasciare spazio ai Progetti di Dio su di sé, anche quando essi risultano incomprensibili per il sentire umano.
(appunti tratti da diversi esegeti: Ravasi, Fausti, Mggioni, Oggioni, ecc...)
VANGELO SEC. MATTEO 11,2-15
In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo,per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!»
Bibbia CEI 2008

lunedì 22 novembre 2010

Preghiera per la Terza Domenica di Avvento A (rito ambrosiano)

Signore Gesù,
noi amiamo le certezze rassicuranti,
mentre tu preferisci le domande aperte,
che sempre sollecitano a cercare.
Vorremmo da te risposte chiare,
e tu ci inviti a interpretare i segni
che vai disseminando sul nostro cammino.
Signore Gesù,
abbi pietà della nostra fragile fede!
Vedi come facilmente
soffriamo lo scandalo
di fronte alla incomprensibilità
del tuo Vangelo.
Aiutaci almeno a vedere
che ci sono persone tra noi
le quali, senza alcuna ostentazione
ma con la segretezza delle anime
veramente grandi,
vanno operando ogni giorno
prodigi di guarigione
a favore dell'immensa debolezza e
dell'infinita stanchezza di tanti fratelli.
E se pensi che questi miracoli
basterebbero a provare
la fecondità del tuo Vangelo,
donaci non solo di saperli riconoscere,
ma anche di poterli rinnovare e moltiplicare.
Signore Gesù,
incoraggia la nostra fede:
“c'è il miracolo della tua presenza”.
Tu sei il miracolo più grande
che andiamo cercando:
è il tuo amore, e solo il tuo amore,
la ragione ultima del nostro credere.
Amen
(Pozzoli)

VANGELO SEC. MATTEO 11,2-15
In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo,per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!»
Bibbia CEI 2008

venerdì 19 novembre 2010

Preghiera per la Seconda Domenica di Avvento A (rito ambrosiano)

Signore Gesù,
vorremmo essere anche noi tra la folla
che accorreva ad ascoltare il Battista
e a farsi battezzare nell'acqua del Giordano.
In un mondo di servitù e di conformismi
aspiriamo tutti a una grande libertà.
In una società dominata dalla legge
del cinismo e della competizione,
vorremmo sentire una parola nuova
che ci parli della gratuità e della bellezza dell'amore.
Abbiamo bisogno inoltre di trovare spazi di silenzio
per sottrarci alle parole vuote e alle risposte obbligate.
Signore Gesù,
tu che conosci la verità nascosta nel profondo
di ogni cuore, guarda con immensa pietà
a questa inquieta ricerca
di pace, di innocenza, di rigenerazione interiore.
Potessimo ritrovare
la freschezza del battesimo
per rinascere come creature nuove
senza più le ombre e le pesantezze
che ora ci fanno soffrire!
Che qualcuno ci porti la bella notizia
che tu vieni, vieni sempre
a compiere in noi
il miracolo di una nuova nascita.
E ci sia dato di ascoltare
questo annuncio
con lo stesso stupore che c'era
nelle parole di Giovanni.
Stupendo infatti è il tuo vangelo.
Stupendo è il volto di Dio
rivelato dal tuo volto.
Riusciremo a capire che
avere fede vuol dire essere stupiti?
E questa la grazia
che ti chiediamo
per il prossimo Natale.
Amen.
(Pozzoli)

VANGELO SEC. LUCA 3,1-18
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un  battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni burrone sarà riempito, / ogni monte e ogni colle sarà abbassato; / le vie tortuose diverranno diritte / e quelle impervie, spianate. / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! / Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».
Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Bibbia CEI 2008

giovedì 18 novembre 2010

Davanti a me c'è una..."Luce"

Signore,
davanti a me c'è una candela.
Essa brucia inquieta,
una volta con una piccola,
una volta con una grande fiamma.
Signore,
anch'io sono a volte inquieto.
Lasciami trovare la calma interiore.
Essa mi offre luce e calore.
Signore,
lasciami diventare una luce per il mondo.
La candela si riduce,
si consuma nel suo proprio compito.
Signore,
spesso cerco soltanto il mio vantaggio.
Lasciami diventare
un servitore per gli altri.
Con questa candela
si possono accendere altre candele.
Signore,
lasciami diventare
un esempio per gli altri.



Luce è movimento. E' fluire. E' fede. E' speranza. E' Vita... ... (Delaurus)

martedì 16 novembre 2010

Accendere una candela o un cero...(significato)





La candela o il cero sono simbolo di Gesù:

La cera di cui è composta, frutto laborioso dell'ape regina, esprime il corpo di Gesù, frutto immacolato del verginale seno di Maria.

Lo stoppino per cui la candela non è più semplice cera, ma ha forma e natura di candela, esprime l'anima del Salvatore che dà vita e forma al corpo umano.

La fiamma della candela, che irraggia attorno a sé luce e calore, simboleggia la divinità del Salvatore luce delle anime e sorgente di vita che, coi suoi insegnamenti, coi suoi esempi, e con la sua grazia, fuga le tenebre dal male ed accende nei cuori la divina fiamma di ogni bene

Ecco perché accendere una lampadina o cero elettrico,
non è come accendere una candela

lunedì 15 novembre 2010

Prima Domenica di Avvento A Vangelo sec. Mt. 24, 1-31

VIVERE L’ATTESA NELLA FEDELTA’
La parola di Gesù nel vangelo è forte e inquietante.
Ma non c'è da temere, perché ogni parola che viene da Dio è sempre annuncio di una grande speranza.
Gesù parla di una fine che si sta avvicinando.
Non facciamo però di Gesù un profeta di sventura.
Che ci sia una fine di tutto lo sappiamo e forse lo temiamo più che in passato per i mezzi di distruzione di cui dispone oggi l'umanità.
Non c'è dubbio che i nostri tempi siano gravi, basta guardare quanto sta accadendo: il moltiplicarsi delle guerre, il risorgente pericolo atomico, cristiani perseguitati e uccisi, ecc... tristi episodi di intolleranza e razzismo che attraversano le nostre città.
Da che mondo è mondo, ci sono sempre guerre, fatte e annunciate. E’ cronaca quotidiana.
Questi fatti assomigliano ai segni che parla Gesù nel Vangelo.
Queste parole non sono proiettate in un futuro lontano: esse descrivono l'oggi del mondo.
Di fronte alle minacce che vengono dal futuro e che già sembrano gravide per il presente, ci possono essere atteggiamenti diversi che si trovano richiamati nel Vangelo
Il primo è quello di coloro che non si rendono conto, o perché sono così superficiali da non saper interpretare la realtà, o perché ritengono più vantaggioso coltivare un facile ottimismo.
Questo atteggiamento di chi preferisce la tranquillità alla verità può essere rappresentato nel vangelo da i discepoli che fanno vedere a Gesù le belle costruzioni del Tempio » Mt.24.1.
Ammiravano, si compiacevano e si rifiutavano di pensare che quel Tempio, che rappresentava tutta la gloria della loro religione e della loro nazione, di li a poco sarebbe stato un ammasso di rovine. (70 d. C.).
Il secondo atteggiamento è di coloro che invece si inquietano tanto da vivere in uno stato di continua agitazione e si lasciano turbare da tutti i messaggi apocalittici e allarmistici.
Gesù denuncia con forza questo atteggiamento e ammonisce di non cercare scampo presso quelli che promettono una facile salvezza. (« Chi persevererà sarà salvato ») Mt 24,13.
Il terzo atteggiamento, il solo che sia meritevole di attenzione: consiste nell'attraversare la notte con gli occhi fissi verso la luce di un nuovo giorno. “vedranno venire il Figlio dell’Uomo” Mt 24,30.
Questo atteggiamento si chiama speranza.
C'è una sola ragione per sperare
La speranza non si fonda su qualcosa, ma su Qualcuno che è venuto a parlarci di salvezza pur nello scatenarsi di tante forze ostili
La nostra speranza è affidata a un Dio che ha voluto rivelarsi a noi come amore che crea e rigenera incessantemente la vita.
La venuta finale di Cristo, che per noi, sarà’ la nostra morte, e sappiamo quanto questa sia imprevista.

DA EVITARE LA RASSEGNAZIONE AMARA CHE CI PORTA A DIRE “IL MONDO VA’ MALE”... “NON SI PUO’ PIU’ VIVERE COSI’"…E QUI CORRIAMO IL PERICOLO DI INCROCIARE LE BRACCIA E DI CHIUDERE IL CUORE.
DICEVA PADRE VIVARELLI CHE GESU’ PER NON CORRERE QUESTO PERICOLO, SI E’ FATTO INCHIODARE LE BRACCIA SULLA CROCE E SI E’ FATTO SBRECCIARE IL CUORE.
E QUESTO E’ AMORE CHE VINCE.
PUO’ OSCURARSI IL SOLE, PUO’ OSCURARSI LA LUNA, MA L’AMORE NON PASSA. L’AMORE E’ LA VITA STESSA DI DIO.
(appunti tratti da Pozzoli-Ravasi)


Vangelo Matteo 24,1-31
1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si vvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».
3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». 4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno.
6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie   terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori 9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.
15Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! 20Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si
salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. 23Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l’ho predetto.
26Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. 29Subito dopo la tribolazione di quei giorni,
il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte.
30Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.
Bibbia CEI 2008

sabato 13 novembre 2010

Quei “Piccoli del Vangelo” che vivono con un handicap mentale

Propongo questa amara riflessione (1996) di Vinicio Albanesi responsabile comunità di Capodarco:



Li chiamano ragazzi, anche se hanno oltre quarant’anni: qualcuno cinquanta.
Sono persone con handicap mentale che hanno vissuto sempre in famiglia.
I genitori li hanno accuditi per una vita; li hanno portati a scuola, nei centri diurni, nei laboratori.
Ora che i loro genitori sono invecchiati o sono morti nessuno sa dove poterli collocare per una vita dignitosa.
E’ impensabile, purtroppo, che le giovani generazioni si prendano cura di uno zio, una zia o un cugino incapaci di gestirsi.
Sono rare le comunità che li accolgono.
Il rischio è che finiscano in ospizi di vecchi, dove tutto quello che era stato conquistato in autonomia e in dignità andrà rovinosamente perduto.
Si innervosiranno; gli psicofarmaci e la tristezza li faranno scomparire rapidamente.
E’ una delle emergenze silenziose e drammatiche che non hanno risposta.
Lo schema preposto alla loro accoglienza è costoso; occorre rispettare parametri, professionalità, accoglienza.
Da qui il tirarsi indietro delle istituzioni senza risorse.
Le vocazioni gratuite che si dedicano a loro sono scomparse; gli stessi ordini religiosi pure nati per “soccorrere il malato” non hanno energie.
Per questi ragazzi e ragazzone solo in parte autonomi non c’è nemmeno il ricordo della loro bella infanzia.
Da bimbi l’hanno vissuta con difficoltà; da adolescenti sono stati sopportati dagli altri compagni; la scuola, il quartiere, la città non li hanno guariti.
Nemmeno la dedizione dei genitori ha fatto il miracolo della salute.
Tutti gli interventi sono stati a limitare i danni; a rispettare il loro essere umani, a valorizzare gli spezzoni di “normalità” che esisteva in ciascuno di essi.
La loro condizione sembra che rispecchi quel grido che, lontano nel tempo, qualificava gente come loro “inutili al mondo”.
Oggi non hanno nemmeno la tenerezza dell’infanzia, sono goffi e non sono in grado di fare nulla; né guariranno.
Le loro condizioni di salute si aggraveranno con il trascorrere degli anni.
Le medicine faranno emergere quegli effetti collaterali che, cumulati nel tempo, si dimostreranno “veleno”.
Eppure nella loro storia e in quella dei loro genitori e parenti c’è un raggio di santità, caratteristico di tutte le creature umane.
Il loro fisico ha lasciato solo tracce e particelle di intelligenza e di affetti; ma della stessa natura di tutte le creature umane.
Un segno di Dio che è rimasto incompiuto, ma pur sempre di Dio.
Per questo motivo occorre non demordere.
Quando la Scrittura parla di “piccoli”, il pensiero va subito chi è piccolo di età.
Loro, i giovanottoni, sono rimasti piccoli per sempre.
Le apparenze ingannano i sentimenti; il cuore istintivamente non si intenerisce.
Eppure il finale del Vangelo di Matteo parla di “piccoli” proprio nel senso di persone sofferenti; affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, in carcere.
L’evangelista fa dire al “Figlio dell’uomo”: “Ogni qual volta non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. Per un cristiano è sufficiente.

giovedì 11 novembre 2010

Tempo di Avvento - (significato)


TEMPO DI AVVENTO

Il significato del termine «adventus», per i pagani indicava «arrivo», «venuta» o «anniversario» di alcuni eventi
I primi cristiani lo usarono per celebrare la «venuta» di Gesú, intesa come anniversario della sua nascita.
In seguito la parola «avvento» fu usata per designare «l'attesa» e «la preparazione» al Natale.
Poiché la Pasqua era preceduta da un tempo di preparazione chiamato «quaresima», si fece quindi precedere la ricorrenza della venuta del Signore da un analogo periodo.
Ma il Natale di Gesú: la sua venuta nella nostra carne mortale, si era già verificata sotto il profilo storico e non poteva ripetersi. La si poteva solo commemorare, rivivere, contemplare, accogliere, nella mente e nel cuore, incarnare nella propria vita.
Vi era, invece, un'altra venuta a cui bisognava prepararsi, quella di Cristo alla fine dei tempi, «sopra le nubi del cielo», «con grande potenza e gloria» (cf. Mt 24, 29-42), diversa dalla prima, povera e dimessa.
Dal secolo VII la Chiesa cominciò, pertanto, a proporre ai suoi fedeli una preparazione alla parusia, al giorno cioè in cui Gesú che fa assunto fino al cielo, tornerà allo stesso modo in cui fu visto andare in cielo» (cf. At 1, 11).
La liturgia, riformata dal Concilio Vaticano II, ha lasciato immutata questa intuizione teologica e ha dedicato alla preparazione della venuta escatologica del Cristo, il periodo che va dalla prima domenica d'Avvento al 16 dicembre; e alla preparazione della venuta storica di Gesú, quello dal 17 dicembre al giorno della Natività.
L'Avvento rievoca una memoria e annuncia una profezia.
Invita nell'oggi a cogliere i segni della novità del Regno e a fare le nostre scelte.

Nelle celebrazioni eucaristiche domenicali di Avvento non si canta il Gloria e sono forti i richiami alla conversione e alla penitenza, non per questo è un tempo di tristezza e di mestizia.
L'omissione di questo canto è voluto dalla Chiesa perché la sua esplosione possa avvenire in tutta la sua solennità nella notte giubilare di Natale.

Lungo tutto l'Avvento, dei personaggi si sono messi in cammino.
Cerchiamo di metterci al loro posto.
Giovanni Battista: si è messo in cammino verso il deserto
Giovanni Battista, il tuo popolo ha incontrato il suo Dio nel deserto. Tu ritorni al deserto delle sue origini per gridarvi la sua venuta. Converti i nostri sguardi all'attesa provocata dal deserto.

Gabriele: si è messo in cammino verso Maria
Gabriele, messaggero di Dio, apri ì nostri occhi a tutti i messaggeri che il Signore ci manda, apri le nostre orecchie alle parole che il Signore ci rivolge e apri i nostri cuori per cantare le meraviglie di Dìo.

Maria: si è messo in cammino verso Elisabetta
Maria, scelta da Dio, ti sei messa in cammino per vedere il segno che il messaggero ti aveva dato.
Aiutaci a metterci in cammino verso i segni che Dio ci dà.

Giuseppe: si è messo in cammino verso Betlemme
Giuseppe, uomo giusto, sei sceso a Betlemme per il censimento romano. Prendendo il cammino della vita quotidiana hai aperto la strada al Signore. Facci conoscere la ricchezza delle nostre strade.
(appunti presi da diversi esegeti)


Sia per tutti noi un tempo prezioso di conversione, questo Avvento: tempo di gioia, di speranza e di amore.

mercoledì 10 novembre 2010

Miriade scintille bianche...

Rilassiamoci e...sogniamo...con questa breve poesia  con il video di Delaurus e foto di Roberto De Nicola da Bordighera



E…l’onda impetuosa s’infrange
impatta allo scoglio
Con assordante fragore
assomigliante a mille orchestre
in un sol suono d’amore!...
Mentre spumeggiante

in miriade scintille bianche,
balza dal mare quasi volesse
il ciel toccare;
con forza raggiunge
la riva… la spiaggia
spegnendosi in un gorgoglio
di acque chete ormai soddisfatte
di quella forza a loro dal mar donata.
enrica


martedì 9 novembre 2010

Figlio mio...ecco cosa vuol dire “essere forti”

ESSERE FORTI
Figlio mio,
essere forti non significa:
avere grandi muscoli,
fare la voce grossa,
dire spavaldo ciò che l'Istinto detta,
prevalere sul debole
vincere una battaglia.
No, figlio!...
Tutto ciò, spesso, è indice di debolezza.
«Essere forti» significa:
fare la voce piccola
quando potresti farla grande.
Saper ascoltare...quando vorresti scappare,
reprimere ciò che l'istinto a volte detta
e saper zittire per non ferire nessuno.
Prevalere, sì, anche con grandi sforzi,
«per una giusta causa», mai però sul debole.
Perdere una battaglia per il bene altrui
quando si è consapevoli di poterla vincere.
Sorridere quando magari si vuole piangere,
per non far gravare sugli altri la tua pena.
Essere forti non significa
dimostrare l’amore solo con grandi gesta.
Per amore ci sono rinunce a volte più grandi.
Rinunce segrete, dignitose e silenziose,
che forse costano di più,
perché ti straziano il cuore.
Figlio mio...
Ecco cosa vuol dire
«essere forti»:
avere un animo sensibile alla sofferenza altrui,
ed un cuore grande pronto a dare tutto.

(Rita d'Atri)

venerdì 5 novembre 2010

L'armonia della Vita

Nessuno m'ha mai detto "Volerai!". Nessuno m'ha mai promesso "Non morirai!". Eppure senz'ali ho già volato tanto, ed ora, senza alcun rimpianto di promesse mancate, di cose incompiute,
senza pena aggiunta o tolta, mi preparo a volare un'altra volta!....
(Tiziano Terzani)



Un grande maestro di vita sopratutto negli ultimi anni del suo percorso, quando con il suo atteggiamento la sua profonda comprensione della vita e della morte insegna come si possa vivere e morire con infinita serenità ... Anche noi dovremmo far tesoro di questo grande insegnamento per avvicinarci sempre di più alla felicità vera della vita ... quella del cuore e della vera comprensione ...

Biografia Nato nel 1938 a Firenze, giornalista e autore di molti libri. Tiziano Terzani è stato un profondo conoscitore del continente asiatico e uno dei giornalisti italiani di maggior prestigio a livello internazionale.
E' stato inoltre autore di reportage e racconti tradotti in tutto il mondo. Da anni era uno dei collaboratori di punta del Corriere della Sera. Nel 1971 era diventato corrispondente dall'Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel. E' vissuto a Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo e Bangkok. E' scomparso il 28 luglio 2004. "Un altro giro di giostra". Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo è il suo ultimo libro.

giovedì 4 novembre 2010

Una lettera ai giovani: Hai mai visto un angelo?

HAI MAI VISTO UN ANGELO?
Sapermi accompagnato da questa presenza misteriosa e suggestiva mi rende ottimista.
Hai mai visto un angelo? In carne e ossa?
Tante espressioni linguistiche ti fanno dire di sì.
Basta una cortesia, un moto di condivisione, un gesto di bontà…e ti arriva un “sei un angelo”.
Lo incontri in ospedale, in ufficio, al mercato, in chiesa, un po’ ovunque, vicino o lontano.
Apri gli occhi e lo vedi ogni giorno nella tua vita.

Se sei d’accordo,
tu apprezzerai tre categorie di persone: il misericordioso, il volontario, il medico;
tu detesterai tre difetti: l’ingratitudine, la gelosia, l’egoismo;
tu stimerai tre virtù: il coraggio, la sincerità, la generosità;
tu controllerai tre comportamenti: il tuo carattere, il tuo linguaggio, la tua condotta;
tu combatterai tre guerre: l’ingiustizia, la violenza, la povertà.


Se viceversa, dovessi confidare di non credere, di non aver mai visto un angelo, sono sicuro di poter indovinare che cosa stai cercando, quali sono gli interrogativi che ti interpellano, dove stai andando.

Stai cercando tre cose: l’amicizia, la confidenza, l’amore;
stai chiedendo tre cose: perché vivere, perché donare, perché fare del bene?
stai scegliendo tre strade: l’impegno, la solidarietà, il servizio.

C’è bisogno di purificare l’aria, di abbassare gli indici di inquinamento, di uscire dalla crisi profonda e ricorrenti della giustizia, della pace, della solidarietà.
Che cosa intendo per bontà, che ruolo gioca la solidarietà oggi, che ne sai dell’”Angelo della situazione”?
A rispondere mi aiuta sant’Agostino: “Se nessuno me lo chiede, lo so, ma se qualcuno non me lo chiede, non lo so più”.
Carlo Terraneo

Ho solo riscritto il tuo cartello in maniera diversa

Cambia la tua strategia quando le cose non vanno bene e vedrai che sarà per il meglio.
Un giorno, un uomo non vedente stava seduto sui gradini di un edificio con un cappello ai suoi piedi ed un cartello recante la scritta:”Sono cieco, aiutatemi per favore".
Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello.
Si chinò e versò altre monete, poi, senza chiedere il permesso dell'uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un'altra frase.
Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote.
Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo: chiese se non fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto.
Il pubblicitario rispose "Niente che non fosse vero - ho solo riscritto il tuo in maniera diversa", sorrise e andò via.
Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c'era scritto:”Oggi è primavera...ed io non la posso vedere".

B.Ferrero

martedì 2 novembre 2010

Ama la Vita

Ecco tutti i sentimenti che abbiamo provato in questo periodo sempre tenendo fermo il punto "Ama la vita".
E´ un impegno difficile da prendere amare la vita sempre e comunque ....

AMA LA VITA

Ama la vita così com'è.
Amala quando ti amano
o quando ti odiano,
amala quando nessuno ti capisce
o quando tutti ti comprendono.
Amala quando tutti ti abbandonano
o quando ti esaltano come un re.
Amala quando ti rubano tutto
o quando te lo regalano.
Amala quando ha senso
o quando sembra non averlo
nemmeno un po'.
Amala nella piena felicità
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte
o quando ti senti debole.
Amala quando hai paura
o quando hai una montagna di coraggio.
Amala non soltanto per i grandi piaceri
e le enormi soddisfazioni;
amala anche per le piccolissime gioie.
Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,
amala anche se non è come la vorresti.
Ma non amare mai senza amore.
Non vivere mai senza vita!
Madre Teresa di Calcutta

lunedì 1 novembre 2010

E gli Angeli esistono: e noi li stavamo pregando


Ieri sera tornavamo, come al solito, dall’Istituto: pioggia, buio, traffico caotico e nervoso (30 km in un’ora e mezza).
Alle ore 20 uscivamo, in fila indiana, dalla tangenziale e mantenendo la distanza necessaria dall’auto che ci precedeva ci siamo immessi in una delle tante rotonde.
Alla nostra destra c’é l’uscita di un grande Supermercato e un auto a velocità non certo moderata, senza rispettare la nostra precedenza e delle altre auto, pensando di inserirsi forzatamente nella fila, ha puntato verso la mia portiera: ho visto l’auto venire verso me, ho sentito la morte!!!
Giulio ha sterzato bruscamente e con prontezza verso i pochi cm che ci separavano dal bordo della rotonda per evitare l’impatto con quell’auto causando lo scoppio della gomma anteriore sinistra che ha provocato un boato assordante: quella sterzata mi hanno salvato la vita!
Tutto si è svolto in frazioni di secondo e Giulio ha continuato imperterrito, senza scendere dall’auto, per non farsi coinvolgere in un tamponamento a catena che avrebbero causato gravi conseguenze.
Non c’era modo di parcheggiare e fermarsi…sarebbe stato molto pericoloso (strade strette e quasi nulla illuminazione).
Con ruota sfasciata, passo di tartaruga, luci di posizione lampeggianti, puzza di bruciato siamo arrivati a 1Km da casa e lì ci siamo fermati.
Qualcuno in alto ha aiutato Giulio a mantenere una padronanza dell’auto, per me  incomprensibile.
Grazie Giulio, grazie Signore.
Enrica